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Topics - Titto

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Report su uscite nel centro Italia / Moto Orientamento 2017
« il: 26 Giugno 2017, 12:59:41 »
Ok, non è proprio motoalpinismo, però... E' il report fotografico della mia partecipazione al 33° Moto Orientamento, organizzato da PistaMunno di Fabrizio Romanelli e Pietro Vitale. Molto asfalto, ovviamente, e poco fuoristrada ma, come ha detto il nostro Capo, "di qualità" per i paesaggi attraversati.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10211966472830810&set=a.10211966778598454&type=3&theater

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Vendo / Yamaha wr 250 r
« il: 05 Settembre 2016, 09:09:30 »
Siccome ho smesso di girargli intorno e ho preso atto di essere decrepito, vendo la Yamaha wrr 250 per passare a un qualche vecchio bombardone anni ottanta. So che me ne pentirò, ma al cuore non si comanda...
http://m.subito.it/vim/176751839.htm?&first=1

Il testo pubblicato su Subito.it è:
Una sola proprietaria, la moto è in eccellenti condizioni e non necessita di alcun intervento.
Da non confondere col modello WRF, da enduro racing, è una ottima dual sport, un vero mulo (non ha un motore "a ore", la casa prescrive il cambio dell'olio ogni 10.000 km e il primo controllo del gioco delle valvole a 42.000 km!). A iniezione, consuma mediamente 30 km/l e permette medie stradali elevate per la sua cilindrata, avendo 6 marce ben spaziate. Il fanale è molto efficiente.
La mia è stata tagliandata a 39500km (catena/corona/pignone, candela, pasticche freni anteriori e posteriori, paraoli e olio forcelle, olio motore e filtro olio), ora ha 41.000 km. Il filtro dell'aria è in spugna, quindi lavabile.
E' stato montato un terminale in carbonio perché l'originale è catalizzato e scalda moltissimo, rendendo difficoltoso legare i bagagli senza paura di bruciarli. Lo scarico originale (vedi foto) è comunque disponibile. In più regalo un serbatoio maggiorato da 14 litri Safari Tank (vedi foto) e un telaietto distanziale artigianale per poter caricare borse morbide.
Oltre a una bozzetta al cerchio posteriore, ininfluente, e alle grafiche un po' consumate, la moto non ha alcun difetto ed è tuttora in uso. La vendo soltanto per cambio tipologia di moto.
La prossima revisione sarà nel 2018. Non c'è bisogno di montare lo scarico originale per superarla.

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Vendo / Scorpa TRide 290
« il: 04 Luglio 2016, 11:28:18 »
La Scorpetta è veramente in perfette condizioni ed è ferma da un anno (luglio 2015) perché la proprietaria, mia moglie Raffaella, gira con un enduro e l'ha abbandonata...
E' in vendita a prezzo di recupero, 2900 euro, tra l'altro finanziabili perché è in conto vendita presso una concessionaria.
http://www.subito.it/moto-e-scooter/scorpa-t-ride-290-2013-viterbo-157884943.htm?last=1&spoint=ar

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Vendo / Ci riprovo: TRide 290 e Freeride 250
« il: 14 Settembre 2015, 14:44:16 »
Ho rimesso in vendita le due motoalpette, non vorrei ma è un periodaccio...
http://m.subito.it/vim/136169165.htm?first=1
http://m.subito.it/vim/136168013.htm
E' tutto spiegato negli annunci

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Ma non vi intriga neanche un po'?

http://www.transitaliamarathon.com/home/

"Il fascino di guidare la moto per ore su di un percorso interamente navigato off road mentre l’Italia ci scorre attorno.

TRANSITALIA MARATHON è il mito rimasto nella storia del motociclismo, l’evento che riuscì ad attirare appassionati da tutta Europa in quanto al fascino, alla lunghezza del percorso, alle tappe impegnative e bellissime; passaggi surreali incontaminati immersi nella natura.

TRANSITALIA MARATHON oggi vuole regalare agli appassionati le stesse emozioni di allora in un evento unico itinerante che attraversa ben 6 regioni per un totale di quasi 1000 km su di un percorso che ripercorre alcuni tratti salienti della mitica manifestazione.

Attraverso 4 tappe (in un'altra pagina si parla di tre tappe, NdR) interamente navigate ed un percorso quasi prevalentemente OFF ROAD scorrevole adatto anche alle Maxienduro stradali potrete vivere una vera atmosfera Rallystica senza l’angoscia di un cronometro. Le tappe infatti, sebbene caratterizzate dalla lunghezza, permettono a qualsiasi appassionato di essere percorse  godendosi panorami indimenticabili. Con una formula itinerante il percorso non passerà mai nello stesso punto ma chilometro dopo chilometro ci si lascerà un tratto di Italia alle spalle spingendosi sempre più lontano, di tappa in tappa. Al fine di ogni tappa avremo la possibilità di condividere insieme le emozioni dei paesaggi attraversati che sicuramente ci daranno l’impressione di lasciarci tutto il mondo alle spalle. La formula di navigazione è Road Book e GPS con consegna del percorso all’inizio di ogni tappa durante un briefing  proprio come in una vera manifestazione Rally".

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Drive in / Dio è morto...
« il: 04 Dicembre 2014, 11:02:36 »
...Marx è morto e anch'io non mi sento molto bene.
(Woody Allen)

Cadono i dogmi, crollano le ideologie, non c'è più un punto fermo...




E ora come faccio senza più la fede nella 21" anteriore??

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Vendo / Scorpa T Ride 290 2013
« il: 04 Dicembre 2014, 10:21:01 »
OK, prendo il numeretto e mi metto in fila... Anche la scorpetta di mia moglie è in vendita perché abbiamo deciso (cioè: il fisco ha deciso per noi) di semplificare il parco macchine. Se si vende la T Ride, poi passiamo alla Freeride 250 che - forse - ha più mercato e, per questo, lasciamo per seconda.

http://www.subito.it/vi/108411460.htm?spoint=adpublished

Se poi a qualcuno servisse anche una bella Transalp 600 50° anniversario...

http://www.subito.it/vi/108232431.htm

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Honda / Chi è esperto delle XR 600?
« il: 09 Ottobre 2014, 14:36:27 »
Cercando una xr 250, mi sono imbattuto nella moto di un amico di un amico... Non l'ho ancora vista, ma pare sia stata restaurata in modo maniacale. A detta di una persona disinteressata: "il motore e` stato messo a punto da Lino (ex meccanico di Cairoli ). Si accende col pensiero anche dopo una caduta, il telaio e` stato ritrattato e verniciato a polvere, tutti i pezzi sono Honda originali. Lui e` un vero maniaco .... chi si becca questa moto fa un vero affare ! Io la volevo prendere ma prima devo ottenere il divorzio..."

Chiede 2300 euro. Dovrebbe essere del '92.

Come vanno 'ste bombardone? Può essere una moto totale spostando un po' il range rispetto alla 250? Intendo via del sale, mulattiere non da trial, strada senza fretta, tendate e fintentreffen? Qualcuno la conosce bene?
Perché bella è BELLA!  :sbav:




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In moto / Julay Ladakh!
« il: 26 Agosto 2014, 17:02:37 »
Julay (julè) è il saluto del Ladakh, equivale a un "salve" ma suona bene come un "ciao".

I protagonisti di quest'avventura siamo io, cioè Fabrizio (Titto), e la mia mezza mela Raffaella (Jaffy). Doveva essere un raid epico, lo sognavo da anni, ma teniamo famiglia e un'età. In compenso non teniamo tempo né soldi. Per cui...

31 luglio 2014
Bene, anche questa volta abbiamo fatto il nostro dovere: i voli interni tra Delhi e Manali sono annullati per i monsoni per tutta l'estate. E non è che ci abbiano avvisato, l'abbiamo saputo da B!bo che l'ha letto sul web per caso...
Quando andammo via dalla Yugoslavia scoppiò la guerra civile, in Grecia gli incendi ci attraversavano la strada, andando in Turchia si alluvionò mezza europa. Abbiamo fatto diluviare a Djerba e a Fez il giorno di ferragosto e, benché senza Jaffy, tutto da solo ho fatto piovere sull'oasi di Ksar Ghilane. Invece, per fortuna, un vulcano islandese frettoloso eruttò un pelo troppo in anticipo per fermare anche il nostro volo. Quando progettiamo un viaggio, i tour operators si grattano le gonadi.
Qual è dunque l'alternativa a un'ora di volo dall'aeroporto di Delhi a quello di Kullu (a pochi km da Manali)? Sono 13 - 17 ore di pullman indiano. Specifico: indiano. Anche a scegliere i migliori, pare sia un calvario, con gli autisti che cercano di vincere il sonno bevendo quanto una squadra di rugby. Ma c'è di peggio: partono dai luoghi più disparati della capitale e non sono prenotabili senza carta di credito indiana e numero di cellulare locale.
Il programma, per ora, è: partenza da Fiumicino venerdì 8 agosto, scalo da qualche parte in Europa e arrivo a Delhi subito dopo la mezzanotte tra l'8 e il 9. Le due Royal Enfield Bullet 500 cc ci aspettano a Manali il 10, troveremo il modo di raggiungerle in tempo.

2 agosto 2014
Ci siamo assicurati una Tata Indigo A/C (aria condizionata?) con driver compreso per un prezzo minimo di 10640 rupie. Quale sia quello massimo non è dato sapere. E forse "assicurati" è peccato di presunzione. Ma, se tutto va bene, alle 6:00 AM del 9 agosto incontreremo un tizio, con un cartello in mano col mio nome sopra, al terminal tre e questo tizio ci porterà a Manali. Inshallah.

5 agosto 2014
Ah, le donne...
"Si possono scegliere il posto e il menu sull'aereo? Ma no, troppo in coda, troppo sull'ala, troppo avanti, troppo a destra... OK, bene, ora il pranzo prendilo vegetariano anche a me". "Ma no, hai scelto vegetariano/vegano, io lo volevo latte ovo fruttariano!" "Ci ho ripensato, meglio il posto a due". "No, cambia di nuovo, meglio quello a tre sull'ala. Ma sarà lì l'ala?"
Alla Lufthansa lampeggiava la mappa dei posti come un presepe...

9 agosto 2014
Scrivo questo breve appunto mentre siamo a 150 km da Manali. Sono ore che siamo a 150 km da Manali, o sono sbagliati i cartelli o giriamo in tondo... Nel caso non restasse di noi nient'altro che questo appunto, sappiate che siamo nelle mani di Kumàr, un tizio che guida il taxi perennemente contromano, superando camion in curva mentre schiva cani, mucche, scimmie, moto con quattro passeggeri, carretti a pedali o trainati da bufali, suonando continuamente come se ci dovesse portare in sala parto. E non può scordarsi di suonare, dietro a ogni camion c'è la scritta "blow horn". Ma non è il solo a "guidare" così, sembra l'autoscontro di un lunapark. Per dare più succo, da quando sono iniziate le montagne, 100 km fa, la "strada" è una mulattiera in parte asfaltata con crateri e curve cieche. Se questa è la parte facile del nostro itinerario verso Leh...
Perché ci siamo trovati così? Fino a Delhi è andato tutto liscio, lo spazio a sedere sull'aereo era quello della classe economica e il sikh col turbante sbracato dietro di noi aveva la tubercolosi e si è anche tolto le scarpe, ma per il resto niente da segnalare. Siamo partiti alle dieci del mattino da Roma e atterrati a Delhi passata la mezzanotte locale (+3,5 ore rispetto all'Italia). Abbiamo sonnecchiato sulle sedie del ritiro bagagli fino alle sei e poi... Sorpresa! Non si vede il tipo del taxi prenotato per Manali. Cadiamo subito nelle mani di un velociraptor locale che (forse) telefona all'agenzia di autonoleggio e ci riferisce che la nostra auto non c'è, è rotta. Sarà vero? Dobbiamo arrivare a Manali in serata, saranno 500 km di strade di quart'ordine, facciamo a fidarci, così il velociraptor ci rifila, dopo contrattazione, un'altra auto, sua, no di un amico, no ancora di un terzo amico (in cinque minuti cambiamo tre driver e due auto), il tutto per il doppio del prezzo. E eccoci qua, a rischiare la buccia dopo aver salvato altri 50 eurini che il driver cercava di estorcerci come "tasse turistiche".

10 agosto 2014
Alle 9:45 PM, ieri sera, siamo arrivati a Manali e, mossi a compassione per la stanchezza del nostro driver, gli abbiamo dato come mancia i 50 eurini che aveva cercato di solarci con le presunte tasse turistiche. Un po' demotivati stamattina siamo saliti su un tuc tuc per andare alla vicina Vashisht, con i caschi in mano più per scaramanzia che per altro e... le moto c'erano davvero, chi ci credeva più! Colazione sotto il locale del noleggiatore, in una terrazza ombreggiata da tende colorate, con vista sul fiume Beas e i furbissimi merli (indiani, ovviamente) che hanno diviso il muesli con noi, poi qualche acquisto di argento tibetano e le nostre moto sono finalmente pronte: due Enfield classic color sabbia, una figata! Ci vengono consegnate col portapacchi e due tanichette per la benzina per ogni moto e con tutta l'iniezione e il twin spark sono a punto quasi come il mio vecchio Corsarino con le puntine attaccate. Però avanzano.
Per festeggiare l'evento abbiamo assaggiato di tutto, superando la dose consigliata per la mitridatizzazione, lo scacazzone del turista goloso è sicuramente al varco. Visita al vecchio tempio Hindu, con tanto di pallino rosso sulla fronte e una manciata di riso soffiato dolce/salato che non avrei dato neanche al cane, preso a manciate da un contenitore certamente HACCP. Siccome la vita tornava a sorriderci, l'ascensore ipertecnologico dell'albergo, trasparente e a vista, mi ha imprigionato all'interno ma non prima di ciancicarmi il casco che avevo in mano. Tecnologia indiana. Poi il monsone ci ha finalmente rintracciati a Old Manali, mentre cenavamo a qualche km dall'hotel con le moto e senza antipioggia. Sono commosso, ho sicuramente salvato il resto dell'India dalle alluvioni, vuoi che ora che ci ha ritrovati non verrà con noi in Ladakh?

11 agosto 2014
Invece il monsone si è trattenuto solo fino alla partenza da Manali, per indurci a indossare gli antipioggia che ci hanno cotti a vapore come i frollini del Mulino Bianco.
Il Rohtang pass non ci era sembrato niente di impossibile, è cominciato in sordina con un buon asfalto, siamo arrivati ai suoi quasi 4000 superando solo qualche tratto di mulattiera fangosa e pagando il pizzo di 100 rupie per i permessi. Il paesaggio è magnifico, le montagne sono ripidissime e lussureggianti di vegetazione, blocchi monolitici dai quali franano massi compatti e squadrati grandi come collinette. Gli alberi si arrampicano fino ad alta quota, dappertutto cascate altissime. In cima al passo nasce il Beas, il fiume di Manali che abbiamo da poco lasciato per andare a nord. Poi è iniziato il calvario: in discesa l'asfalto è sparito, buche profonde, vento, polvere, sabbia, traffico... E le sospensioni delle Enfield che ci hanno fatto pensare che, nel risaldare il portapacchi, il fabbro avesse per errore bloccato il forcellone. E la mia che non stava accesa. Finché non abbiamo incontrato il gruppo di moto organizzato dal noleggiatore stesso, con auto al seguito, piena di bagagli, benzina e ricambi, una cosa assolutamente poco maschia e da rigettare in toto. Salvo implorare il loro meccanico di aggiustare motore e sospensioni delle nostre moto... Da lì in poi molto meglio, anche se mi vergognerò per sempre di questa debolezza.
Siamo arrivati a Keylong devastati, ho sognato troppo a lungo questi viaggi, ormai ho l'età per andare alle terme. Sarà la stanchezza che mi rovina l'umore, ma ho pensieri negativi: mi piacciono i posti esotici, diversi in tutto (natura, clima, gente) dal mio quotidiano, mi piacciono "primitivi" perché liberi, non governati da ragnatele soffocanti di regole inviolabili. Però mi sto stancando di popoli che sguazzano nella propria spazzatura, approssimativi in tutto quel che fanno, con le case fatiscenti e i tondini metallici che spuntano dappertutto perché le abitazioni sono a crescere come le scarpe dei bambini.

12 agosto 2014
Ci siamo riposati, c'è un bel sole, la doccia funziona... Usciamo dal Tashi Taleg Hotel con l'umore giusto per apprezzare di nuovo 'sto posto. In fondo qui la vita è dura come neanche possiamo immaginare, il fieno per il lungo inverno viene tagliato a mano, raccolto e trasportato a spalla per km (di dislivello, non di strada!), fino ad ammucchiarlo sui tetti salendo con scale a pioli, sai che gliene frega di un po' di spazzatura, che poi non è certo la stessa che produciamo noi. Certo è un peccato vedere che l'acqua pura della montagna, passata per la cittadina e i suoi scoli all'aperto, diventi liquame... Ancora viene utilizzata per irrigare i campi sottostanti con un reticolo di canaletti, per poi finire nel grosso fiume nella vallata con il suo carico di inquinanti organici e di plastica, non molta invero, ma indistruttibile.
Come so tutto questo? Perché sono un coglione. Per "riposarci", ci siamo trattenuti un giorno a Keylong, 3350 m slm, ma - per non annoiarci - abbiamo deciso che meritasse la nostra attenzione l'antichissimo monastero tibetano che vedevamo dall'altra parte della vallata. E che ci vuole! Basta scendere un lunghissimo sentiero con pendenza del 100% fino a un ponticello sul fiume, per poi risalire per centinaia di metri di dislivello fino al gompa e fare il tutto a ritroso. Quattro litri d'acqua consumata, anzi poco meno, qualche sorso ce l'ha scroccato un altro turista indiano sudato come un maialino allo spiedo. Non ancora abituati alla quota, abbiamo rischiato di trattenerci all'ospedale alla fine del sentiero del ritorno, che se poi è lì ci sarà un perché.
Però il Khardon gompa, il monastero, è bellissimo, ha novecento anni, è kitsch come piace alla mia elegante consorte, con affreschi coloratissimi e un'enorme ruota delle preghiere che suona una campanella a ogni giro. Più Jaffy si estasiava con questa tavolozza di colori, più dispensava offerte per il tempio. Gira voce che per questo il gompa sia ora chiuso per ferie, noi personalmente abbiamo visto il monaco indossare enormi occhiali da sole e chiudere a chiave il tempio.
Domani a Sarchu.

13 agosto 2014
Abbiamo abbandonato quanto di più simile alla civiltà potessimo trovare, per come siamo abituati ad intenderla. Rimarremo ancora una notte nel bellissimo Himachal Pradesh, cui Manali appartiene, arrivando a Sarchu, a uno sputo dal Ladakh. Qui il paesaggio cambia completamente, le montagne monolitiche e ricche di vegetazione lasciano il posto a cime che emergono da accumuli colossali dei loro detriti, la flora si riduce a spolverate di erbacee, con un'incredibile varietà di fiorellini di vari colori. D'altra parte, per arrivare a Sarchu si deve superare il Baralacha La ("la" significa "passo"), una specie di scioglilingua alto quasi 4900 metri. Qui il monsone, già provato dal Rohtang pass, si arrende e si entra in un deserto d'alta quota. L'acqua invero è abbondante, ma deriva solo dai ghiacciai che formano fiumi impetuosi e piccoli laghi in ogni vallata, il resto del terreno è riarso dal sole e dal vento. Fa caldo, da stare in maglietta, ma ora che il sole sta tramontando sul campo tendato di Sarchu, ho capito a cosa servono tutte le coperte che abbiamo trovato nella nostra tenda gialla a cinque stelle. Tenda appunto con tutti i comfort, anche una stanza separata con wc e lavandino per 2500 rupie (1 euro equivale a 75/80 rupie) compresi colazione, cena, chai di benvenuto per due e una magnifica via lattea da sfiorare con la testa. I letti sembrano due panche come quelli dell'albergo di Keylong, ma qui ci preoccupa di più il dormire a 4300 metri, siamo gente di mare noi...

14 agosto 2014
La notte a 4300 m è passta senza morire, come invece Jaffy aveva pronosticato da mesi. E' precisa come i Maya, per fortuna. In tenda ha fatto freddo e abbiamo i lividi sulle anche per l'estrema sofficità delle cassapanche su cui giacevamo attendendo la morte, ma nient'altro. Pazienza, ci saranno altre occasioni.
Di buon ora siamo partiti per Leh: eravamo solo a metà strada, percorsa in due tratte, ma ci avevano detto che la seconda metà sarebbe stata più facile.
Poco dopo la partenza, un cartello ci annunciava che eravamo entrati in Ladakh: "Welcome to the paradise of India". Ed è vero. Il percorso da Sarchu a Leh ha visto un susseguirsi di panorami che potevano alternativamente ricordare il Gran Canyon o le strade che tagliano le prime sabbie della Tunisia, con un altopiano di decine di km fra due linee di basse montagne (basse perchè l'altopiano è sopra i 4500 m), con un passo a quasi 5000 m e due al di sopra. La bellezza di questi luoghi è indescrivibile, quindi neanche ci provo. Voglio solo sottolineare i colori delle rocce ocra e rosse, del cielo cobalto, delle nuvole bianche, un contrasto di colori saturi pazzesco.
L'asfalto avanza di anno in anno, per questo la tratta è stata più facile, ma si incontra comunque di tutto, anche deviazioni sulla sabbia profonda e toule svita bulloni. Parte dell'asfalto stesso fa rimpiangere lo sterrato.
Superato il passo più alto (Taglang La, 5300 e rotti metri), la strada scende finalmente sotto i 4000. E' sempre più frequente l'incontro con persone dai tratti cinesi, la strada si snoda fra stupa (cappellette tibetane) e gompa (monasteri con monaci dal mantello rosso-arancio), ma anche tante basi militari, siamo al confine con la Cina. Tutta la highway è controllata in modo asfissiante dalla polizia, se vedi una baracca cerca di individuare la corda che l'infame in uniforme può aver teso a tagliarti la strada per controllare i tuoi documenti.
La guida a sinistra fino a Leh, ovvero in assenza di incroci o rotatorie, non è stata un problema, ovvero non lo sarebbe stato se non vigesse la legge del più forte, che passa dove vuole quando ti incrocia. E' così radicata che, se con la moto ti fermi a lasciar attraversare un pedone, lui si rifiuta, sa che in questo gioco delle caste viarie è lui il paria.
In cima ai passi e sui punti "cospicui" si trovano migliaia di bandierine colorate appese a fili, sono preghiere, e tantissime piccole torri di ciottoli piatti sovrapposti.
Ora è sera, sono al Padma hotel di Leh, nella civiltà, col wifi che va e qualche volta viene. Non ho prenotato l'aereo per tornare a Delhi per prendere il volo per casa, dato che mi sono impegnato a restituire le moto qui il 17; non ho i permessi per andare al lago Pangong o alla Nubra Valley e forse non potrò averli perché domani è la festa dell'indipendenza dalla perfida albione. Ha ragione il mio amico Cancaniccia, non so pianificare.

15 agosto 2014
Leh ha due anime, spero prevalga la prima: nel nostro hotel il giardino è un orto botanico con cartelli che danno il benvenuto alle api impollinatrici; non si usano buste di PE ma di cellulosa o di carta... riciclata (leggasi carta di giornale chiusa a costituire un sacchetto); si invita a non uccidere animali per nutrimento, in fondo sono quasi tutti buddisti; si vendono ricariche di acqua bollita o filtrata per non aumentare la dispersione di bottiglie di plastica nell'ambiente. D'altro canto non esiste una nettezza urbana, si cammina su cumuli di spazzatura, i canali all'aperto ai bordi della strade insieme servono a portar via qualunque sporcizia e a fornire acqua, non è raro vedervi lavare i panni.
La città è un'enorme Porta Portese, puoi comprare qualunque cosa, compresi marchi rinomati in occidente. Il traffico è in minor quello di Delhi, con la stessa deregulation, un casino di clacson e sorpassi a membro di cane, ma non ho mai visto un incidente in quasi una settimana che sono in India, Visnù vigila.
Venditti cantava le buche di Roma perché evidentemente non è un viaggiatore: se non guardi dove metti i piedi, puoi venir meno all'affetto dei tuoi cari svanendo in un canale di scolo o in una qualunque voragine. Mentre fotografavo una buca in mezzo alla strada, larga la metà di questa e profonda 50 cm almeno, c'è caduta dentro la macchina di un turista indiano. In un attimo si sono materializzate dal nulla una decina di persone e l'hanno aiutato ad uscirne. Il forestiero se ne è andato pacificamente col paraurti penzolante.
La gente è fantastica, due bimbe con caratteri cinesi ci hanno pressoché intervistati e si sono fatte fotografare abbracciate a me, commuovendo Jaffy. I vestiti delle donne hanno tutto il campionario di un piazzista di vernici, visi cinesi e indiani hanno il sorriso stampato sopra. Per trovare l'albergo siamo stati scortati da un ragazzo su una Bullet del '99 col portatile a tracolla: "You are in my city, you are guest".
Monaci tibetani vestiti di rosso, gompa, stupa, moscheee, ruote di preghiera dappertutto, in un tripudio di accostamenti arditi multicolor.
L'artigianato è realmente tale, il berretto di lana di yak che ho comprato era appena stato realizzato dalla vecchietta, si fanno bollire le tinte per le stoffe, i ricami sulle magliette souvenir si possono scegliere e vengono realizzati on demand...
Però ho esagerato con l'ultima frittura da street food, mi si è piantata sullo stomaco, così stasera ho ceduto vigliaccamente: ho acquistato del latte e i biscotti "Milano", made in Mumbay ma dal nome rassicurante, scaduti da soli due mesi. Raffaella è andata oltre con un'eccellente interpretazione indiana di pizza.
Domani al Khardung La, basta pagare e i permessi saltano fuori anche in un giorno di festa nazionale.

16 agosto 2014
Fare colazione su una terrazza con lo sfondo di montagne himalayane che sembra ricreato in uno studio hollywoodiano; superare il più alto passo carrozzabile al mondo a oltre 5600 metri, con il sole insieme a una spruzzata di neve che penetra sotto la visiera aperta, non ha prezzo. Per tutto il resto c'è Mastercard, anche perché la mia Visa è decotta. Avrei voluto concludere così il capitolo "avventura" dei miei appunti, dato che domani dovremo restituire le moto.
Senonché sono incappato in una Ciaccia-situation.
Superato il Khardung La, non per necessità ma perché è un mito a soli 39 km da Leh, andiamo a mangiare sull'altro versante, un po' più a valle ma non troppo, al paese di Khardung che dà il nome al passo, sotto una pioggerella sottile. I momo con salsa piccante e il riso accompagnato da verdure e zuppa di legumi ci si piantano sullo stomaco mentre invertiamo la marcia per rientrare a Leh, superando di nuovo il passo a ritroso. A 5600 metri la pressione atmosferica si riduce alla metà di quella al livello del mare: già più in basso, al posto militare di controllo dei permessi di transito, Jaffy ansima e ha nausea, le dita delle mani sono bluastre, così chiedo assistenza. Il medico militare rileva una saturazione dell'ossigeno dell'85%, così in una stanzona buia le somministra O2 e le raccomanda di superare il passo senza fermarsi. E che ci vuole?
Ci avviciniamo alla cima sulla sterrata mentre vediamo delle fumate accompagnate da forti esplosioni: stanno allargando la strada o eliminando massi non sicuri, però il lavoro non è riuscito bene, i massi sono rimasti di dimensioni eccessive perché la ruspa possa spostarli dalla carreggiata. Il passo è bloccato, Jaffy boccheggia, così l'accompagno con la sua moto fin sotto i lavori e spiego in qualche modo che lei deve arrivare al passo, forse mezzo km a monte dei lavori stessi, per ottenere O2 al first aid. Ci lasciano scavalcare i detriti, dove Raffaella esaurisce le ultime scorte d'aria, ma prima lascio le chiavi della mia moto al passeggero di un altro motociclista indiano, dato che io non potrei portare due moto fino al first aid quando la via sarà sgomberata.
Nella zona a monte dei lavori si scatena una gara di solidarietà: Jaffy non deve raggiungere il valico perché riceve O2 da due bombole a bordo di auto, rimediando anche acqua e un cappello in pelliccia di yak, dato il freddo cane. Io presto il mio pile a un motociclista tremante, e così via.
Lascio Jaffy a blaterare in amabile compagnia e mi metto qualche metro più in basso, ma sempre a monte dell'ostruzione, a osservare il procedere dei lavori. Non c'è modo di spostare i macigni, serve un'altra carica di dinamite. Serviranno altre 4 o 5 ore per liberare la strada, altro che fare il passo senza fermarsi!
Quando infine stanno per far brillare le mine, mi ricordo che, per accompagnare Jaffy più su possibile, ho parcheggiato la sua moto proprio sotto alla zona dell'esplosione! Mi permettono di riscavalcare i detriti minati per spostarla più a valle ma, nella concitazione, non posso avvisare la consorte e mi scordo il suo casco e lo zaino (con i pochi euro rimasti) vicino al ragazzo cui ho prestato il pile! Vabbè, speriamo di ritrovarli...
Mentre aspetto l'esplosione a valle dell'ostruzione, raggiungo la mia moto parcheggiata: del ragazzo cui ho affidato le chiavi neanche l'ombra, i bagagli sono stati spostati dalla sella al portapacchi... Bho?
Si vede una fumata, poi col consueto ritardo giunge il boato. Ancora non so che Raffaella e altri allocchi a monte si erano avvicinati curiosi ai lavori di sgombero: faranno appena in tempo ad addossarsi con la faccia contro una parete di roccia, ma riceveranno ugualmente una mitragliata di detriti sulla schiena.
La ruspa entra in funzione e finalmente si può passare. Del ragazzo con le chiavi non c'è traccia, decido di salire con la moto di Raffaella a cercarla, alla mia moto penserò poi. Ritrovo per fortuna pile, zaino, casco e moglie in discreta salute, così carico il tutto e ridiscendo fino alla mia moto parcheggiata in una bolgia di camion e auto che si accalcano vanamente per recuperare il tempo perduto. Cerco senza trovarlo un camion adatto a trasportare la mia Enfield fino a Leh, non potendo metterla in moto. Dei ragazzi con un pickup ci danno alla fine una mano: tentiamo di trainare la mia con la moto di Raffaella, le leghiamo con una fune ma Jaffy non l'ha mai fatto, così percorriamo solo pochi metri di salita accidentata. L'idea è di superare il passo e scendere a Leh a motore spento. Ci provano anche due dei ragazzi del pickup, ma percorrono anche loro solo un centinaio di metri.
Panico.
Il sole sta tramontando, siamo gli ultimi sul passo, Jaffy rischia brutto: decidiamo di abbandonare lì la moto che non parte per riprenderla in qualche modo domani.
In quel momento arriva in moto il losco tizio cui avevo lasciato le chiavi, che ci informa che la moto non parte. Ci provo anch'io, è vero, la moto resterà lì stanotte.
Ma perché quel ragazzo ha spostato i bagagli, provato ad accendere la Enfield quando il passo era ancora bloccato e poi era sparito? Bho?
Vabbè, la salute innanzi tutto, così ci avviamo verso Leh mentre cala il buio. Arriveremo alle nove di sera.
Giornata imprevedibilmente interessante.

17 agosto 2014
Niente di che, con due sedicenti meccanici senza attrezzi salgo di nuovo sul Khardung La con un pickup troppo piccolo per caricare la Royal se non dovesse partire, sempre che sia ancora lì. Incredibilmente c'è e basta cambiare una delle due candele (che ho fornito io, insieme alla chiave per svitarla) che la bombardona riprende vita. Che coglione che sono, ma ieri sera era quasi buio e non volevo rimanere solo con Raffaella ansimante sul passo, quindi non ho neanche pensato di toccare un solo bullone quando il tizio sospetto mi ha riconsegnato le chiavi.
La moto andrà bene per una trentina di chilometri, poi ricomincerà a scoppiettare. In serata passerà il noleggiatore di Manali a ritirare le nostre cavalcature, così dopo pranzo decidiamo di accomiatarci dalle Enfield con un'ultima bighellonata, ma la moto di Jaffy sta per perdere una pedana e fa un inquietante rumore di biella. Andiamo solo con la mia, ma va sempre peggio, riesco a malapena a tenerla accesa per tornare al Padma hotel.
Meglio una passeggiata a piedi per Old Leh.

Che dire delle Royal Enfield 500?
Sono vecchie signore col cambio a bilanciere, imbellettate con iniezione, doppia candela e freno a disco, alle quali si fanno fare cose sconvenienti per la loro età. Sono convinto che i malfunzionamenti siano superabili affidandosi a un meccanico non affetto da pressappochismo indiano, ma non sono moto da enduro, portarle sulle piste con quelle "sospensioni" e quei materiali è una violenza. Su strada a passeggio danno il massimo, il motore ha un enorme volano e una grande dolcezza. Anche a oltre 5000 metri, pur conservando sì e no 5 cv, accettano di coppia di salire con le marce lunghe. Ma non provate a forzare il ritmo, struscia tutto per terra, anche l'arco del pedale del freno se vi azzardate ad azionarlo in curva.
Insomma, Jaffy se n'è innamorata, per me sono degli affascinanti catafalchi.
Però a Roma cercherò inutilmente di cambiare col tacco sulla mia Transalp...
Postilla: nei giorni successivi noleggeremo una classic 350 a carburatore: estremamente regolare, al contrario di quella a iniezione. Ho sentito dire che gli indiani comprano le nuove a iniezione e si procurano un vecchio carburatore. Per il resto la 350 ha la potenza di un Corsarino ZZ e i rapporti distesi di una Gold Wing 1800, un abbinamento perfetto, ma non è poi male per passeggiare ascoltando le valvole che si agitano e guardandosi intorno...

18 agosto 2014
Scarpinata per la città, visita al palazzo reale che domina Leh. Maledetto nano di un re! Nonostante gli avvisi "mind your head" sono uscito col mal di testa. Ma che ci vuole a fare porte e travi a misura d'uomo?
Comunque vista fantastica da ognuno dei suoi nove piani e un milk tea nell'adiacente Old Town Cafè, per entrare nel quale si scende in una specie di catacomba ritrovandosi in una stanzona con tappeti e cuscini in terra, illuminata da un grande abbaino.
Stasera abbiamo noleggiato la cucciola di Enfield, la classic 350 prima nominata, e via verso nuove mirabolanti avventure!

19 agosto 2014
Benzina alla Enfieldina, poi giù verso la vallata, attraversando subito l'Indo, uno dei sette fiumi sacri nonostante nasca in Cina e poi scorra in Pakistan.
Per spiegarci: la valle dell'Indo nei dintorni di Leh è una striscia di verde in mezzo a una vallata completamente deserta che, a destra e a sinistra del fiume, si porta con lieve pendenza fino alla base delle montagne che l'affiancano da ambo i lati.
Ogni tanto in questo deserto si incontrano delle oasi di montagna (Leh stessa è un'oasi), come Tamerza in Tunisia, che sfruttano i rivoli d'acqua che scendono dai ghiacciai con ingegnose canalizzazioni, ruscelletti sopraelevati, tagli profondi nella roccia per mantenere le pendenze, ecc che ricordano e superano per ingegno le opere dei berberi dell'Atlas marocchino. D'altra parte, pressioni selettive simili creano fenotipi analoghi anche a distanze enormi di spazio o di tempo. Così dev'essere anche per le soluzioni che gruppi umani diversi danno agli stessi problemi.
Tra qualche anno forse tutto questo deserto sarà messo a coltura, già si vedono grandi lavori di regimentazione di queste preziose acque che dovrebbero distribuire le scarse risorse idriche a tutta la vallata.
Nell'oasi di Stock abbiamo visitato il palazzo reale, policromo ma con predominanza di rosso e nero. A dominare il paese e il suo reticolo di campi e canali anche un vecchio gompa e il nuovo, in costruzione, ricavato nella base di un enorme Budda. A oggi è color cemento, ma gli artisti sono all'opera. All'interno i monaci pregavano e ci indicavano il contenitore delle offerte. Anche all'oasi successiva, Matho, i monaci del monastero fanno ben capire il loro gradimento per le offerte: devono pregare, loro, mica possono lavorare... Dopo la seconda offerta, il monaco stacca due biglietti (a pagamento) e ci conduce nel museo, colmo di reperti risalenti anche a duemila anni fa. Inquietante anche in questo gompa la presenza di calotte craniche umane e delle pitture rappresentanti i guardiani dei punti cardinali, dei mostriciattoli di vari colori con gli occhi fuori dalle orbite.
Il tempio di Matho è comunque bellissimo, inutile ricordare che anch'esso è in tecnicolor, e la vista sulla vallata è mozzafiato, si può spaziare con lo sguardo per decine di chilometri.
Cotti dal sole e dall'aria asciutta, continuiamo a costeggiare l'Indo da lontano in cerca di un ponte, non volendo percorrere a ritroso la strada. Questa si trasforma in pista scassatissima, ma alla fine ci indicano la direzione per uno strettissimo ponte metallico col pavimento in legno, per questo probabilmente ricoperto di bandierine di preghiera.
Siamo liofilizzati come mummie, un pranzetto e di nuovo a Leh.

"La mia religione è molto semplice, la mia religione è la gentilezza"
14° Dalai Lama
Al di là delle discutibili frequentazioni di quest'uomo e del mercimonio che i monaci fanno del buddismo, questa è la migliore descrizione del popolo del Ladakh. Comunque siano i tratti del suo viso, cinesi o indiani, in chiunque ti imbatti riceverai un sorriso sincero e un julay!
Non so come siano gli indiani in genere, è come giudicare gli europei dopo aver conosciuto i soli lapponi. Però i ladakhi, ma anche gli abitanti di Manali e dintorni, sono montanari che ancora non hanno perso la loro purezza, il turismo è arrivato da poco e non ha ancora contaminato la loro schiettezza.
Anche a Delhi ho trovato tanta gentilezza, appena ti si vede titubante si fa avanti qualche viso sorridente pronto ad aiutarti. Qui si fa però fatica a distinguere la disponibilità dai tentativi di truffa o di spennare il pollo occidentale; come in tutte le grandi città del mondo, a Delhi si accalcano truffatori e profittatori. La città è il cancro del mondo, purtroppo metastatico.

Pensavo di patire il freddo nel deserto di alta quota, invece - sarà un caso fortunato - ho scoperto che questa breve estate del Ladakh ha giornate caldo secche, anche molto calde al sole diretto, pur con l'aria che rimane frizzantina. Di notte la temperatura scende in funzione della quota, a Leh basta una felpetta.

Leh è buddista, ma senti anche il canto del muezzin dal minareto della moschea. Non mancano ovviamente gli hindu, stragrande maggioranza in India. Fra dei militari in esercitazione, con belle mimetiche da sabbia, spiccava un turbante viola in mezzo ai berretti d'ordinanza. Il signor Sing ("Leone", molti sikh si chiamano così) mi ha spiegato che a loro è concesso non abbandonare i loro sei metri di stoffa intorno al capo.

I cani, i mille, i diecimila cani che di giorno agonizzano al caldo, di notte non ti fanno dormire. Non rispondono al fischio perché vengono chiamati schioccando la lingua.
Le piccole mucche che vagabondano a piacere gradiscono, se ne hai, gli avanzi della tua frutta, le albicocche in particolare possono corromperle del tutto.

20 agosto 2014
Con l'enfieldina siamo tornati nella zona di ieri a visitare Tiksey, un villaggio monastico su uno sperone di roccia con - di nuovo - una vista da paura dal tetto. Come sempre, bellissimo, multicolor e kitsch.
Tornando verso Leh abbiamo adocchiato un'altra oasi che rompeva la monotonia del deserto adagiandosi alla base della montagna. La strada asfaltata che la raggiungeva dalla pianura passava attraverso enormi accumuli di sabbia, per poi seguire in salita il perimetro dell'oasi stessa. Verso la sommità la strada si trasformava in pista, la pendenza aumentava ed è qui che, quando le pulsazioni del 350 sono scese sotto i 50 battiti al minuto, ho capito che stava collassando sotto il nostro peso ed era ora di invertire la marcia...

Tramonto indimenticabile sul vecchio gompa un po' in rovina che domina Leh, al di sopra del palazzo reale, con migliaia di bandierine colorate che garriscono (bella, vero?) all'ultima luce del giorno. Indovinate? Si pagava il biglietto a un giovane monaco.

La città è tutta una sartoria. Poiché siamo dei morti di fame, i nostri souvenir sono magliette con disegni su ordinazione, rappresentanti yak, Enfield, nodi senza fine, o celebranti l'"impresa" di arrivare a Leh da Manali o di salire sul Khardung La. Il vero artigianato locale è costituito da scialli in cachemire o pashmina, la seconda ancora più morbida e preziosa perché tessuta con la sola lana della barbetta della capra. Splendidi anche i mobiletti finemente intarsiati, intrasportabili, e l'argento tibetano.
Di importazione dalla Cina si possono trovare a prezzo di spaccio aziendale i migliori abbigliamenti tecnici delle aziende occidentali che lì hanno dislocato la produzione. Un esempio? Ho acquistato una giacca da trekking North Face con imbottitura e cappuccio separabili, in goretex, per 36 euro...

21 agosto 2014
Ultimo giorno a Leh, shopping compulsivo per indorare la pillola. Ci mancherà questa dolce cittadina, anche se sembra uscita dal triplice bombardamento alleato di Dresda...
Due ore in un internet point per il check in del volo Delhi - Vienna prima di capire che l'Austrian non permette di stampare il boarding pass.

22 agosto 2014
L'aeroporto di Leh è condiviso con l'aeronautica militare, così i controlli sono asfissianti: ripetute perquisizioni, identificazione dei bagagli sulla pista (ma se te li ho appena dati, di chi vuoi che siano?), tentativo fallito di infilarmi nella zona riparata per la perquisizione delle ladies, ma alla fine si decolla per Delhi.
Una cappa caldo umida ci taglia le gambe all'arrivo. Con l'ottima metro e ripetute perquisizioni corporali a ogni cambio di treno, davanti al cecchino che ti tiene di mira, abbiamo visitato Qutab Minar, un sito del 1300 che testimonia il contributo di splendore che la dominazione araba ha aggiunto alla già plurimillenaria civilta hindu. Il pezzo forte è una torre-minareto elaboratissima e altissima, cinque piani via via più stretti, separati da balconcini e ognuno diverso dall'altro. Il tutto collocato in un giardino con moschea, porticati, tombe di VIP.
Un giro nel centro di Delhi mi conferma nella mia avversione per la città: niente truffe stavolta, ma un continuo tentativo di scucirmi le ultime rupie.
Sarà l'afa, saranno tutti i rapporti fisici subiti nelle perquisizioni, ci avviamo spossati verso l'Indira Gandhi International Airport.
Ci rivedremo? Il mondo è grande e io ne ho visto così poco. Ma chissà...

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Drive in / Masturbazioni mentali
« il: 07 Agosto 2014, 11:11:26 »

Di buon auspicio per il mio imminente giretto in Ladakh con le Enfield, ho appena conosciuto il motociclista più fico del mondo. Si aggirava sperduto sulla Cassia (a Roma nord) in cerca di un campeggio, dove poi l'ho accompagnato. Era a cavallo di una Royal Enfield da lui assemblata a partire da una moto arrivata dall'India senza motore. Date un'occhiata a cosa c'è scritto sul motore! 'Sto tizio c'è partito dalla Germania, probabilmente era giovane alla partenza...
Come da titolo: forse dovremmo pensare a divertirci con quel che abbiamo, 'sto tedesco va in giro con 8 cv sì e no...

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Report su uscite nel centro Italia / Mini HAT (Hard Appennin Tour)
« il: 09 Giugno 2014, 11:15:06 »
Non male. È raro che portiamo a termine una delle nostre minchiate. Le proponiamo, magari le cominciamo ma poi non le finiamo. Ci manca il fisico, non l'iniziativa. Ma questa volta, spinti da maschia determinazione, eravamo decisi a montare le nostre tendine a Campo Imperatore. Sì perché Valentino "Moto x2" aveva proposto una tendata al rifugio Racollo e tanto bene noi potevamo approfittare dell'assenza dell'anello debole del gruppo, Raffaella, Rallentatrice Professionista diplomata a Terni, città di San VaLentino. Ma non doveva essere una gita domenicale, sia perché di sabato, sia perché troppo banale. Ebbene sì, apparteniamo al gruppo segreto di facebook "I carbonari della HAT". E me ne voglio vantare ora, ché a settembre non ci sarà molto da raccontare... Quindi, perché non organizzare per allenamento una Mini HAT (hard appennin tour)? E per farla come si deve, abbiamo deciso di arrivare al Gran Sasso quasi del tutto fuoristrada e siamo partiti in quattro con tutte le inutil parts possibili (l'ing. Cancaniccia anche col compressore elettrico, avevamo tre tende da tre più una singola, posti letto totali dieci, Stefano aveva in spalla uno zaino da spedizione artica in solitaria, e così via). Per rendere più realistica la partenza, che nella HAT è a ora di pranzo, Luca è arrivato alle dieci. C'erano già trenta gradi. Pazienza. Le moto: Stefano il Capo su KTM 690, a dispetto dello zaino appariva avvantaggiato. Mauro su DRZ 400 non andava male, ma era largo come una Smart a causa delle borse laterali che gli causavano qualche difficoltà nei passaggi stretti. Luca su Cagiva Canyon 900, 220 kg a secco più bagagli legati alla porcazzozza, con gomma anteriore a 0,75 e posteriore a 2,6 perché "così la sento meglio", appariva svantaggiato, ma sopperiva in parte con l'età, meno di metà della mia. Da parte mia la scelta cadeva sulla Transalp 600, altrimenti avrei dovuto rubare la moto alla moglie e non valeva come allenamento per la Hat. Azzero il contachilometri alla rotonda di Monterosi e si parte. Se non ricordo male, la prima delle mille cadute di Luca si verifica in cima a un orrido discesone pietroso all'incrocio del percorso con la Salaria. Noi eravamo già in fondo e siamo risaliti a piedi per aiutarlo, con quaranta gradi o giù di lì. Stefano, quarantenne, ansimava come un mantice, ma io e Mauro siamo andati vicini al colpo di calore, mentre Luca iniziava un calvario di crampi alle gambe per disidratazione. Questo ci ha obbligato alla prima sosta idraulicoalimentare. Per la cronaca, nella caduta si è spezzato il bracciale del freno anteriore della Canyon, tenuto in sede da quel momento con una fascetta. Ma era solo l'inizio, nel tempo si sono aggiunti ai bagagli uno specchietto e un fanalino supplementare per distacco non desiderato dal cagivone. Mauro perdeva invece i bagagli, per ribellione di una borsa che non ne poteva più di portare a sobbalzi tutte quelle stronzate. La media era determinata dalle bicilindriche, quindi bassina, così arrivava la notte. Puntuale Mauro scassava i cabbasisi con la cena, quindi alle nove o giù di lì ci fermavamo ad Arischia per una pizza. Da lì tutta montagna in notturna, una vera meraviglia: abbiamo incontrato due lepri e un cinghiale, ci hanno inseguito i pastori abruzzesi (quelli che mordono, non i proprietari), dovevamo evitare le ranocchie che a centinaia affollavano le pozze delle strade. Almeno io che le vedevo, cioè, perché per esempio il Capo aveva montato una lampadina a led che sparava la luce solo dove non serviva. Approfittando di una pausa del Capo (il Capo non cade, si siede a riposare sull'erba umida con solchi profondi) abbiamo goduto di una stellata con stelle cadenti e via lattea in un silenzio surreale. Almeno fino a che Luca non ha deciso di far luce accendendo il caterpillar per riparare più facilmente la leva del freno posteriore del Capo, diventata piuttosto rococò. Insomma, a forza di cadute, di spinte in mulattiera, di caracche al sottocoppa della Transalp, alle tre di notte piantavamo le nostre tendine nel buio totale del prato antistante il rifugio col generatore spento. Il contachilometri segnava 306 (mila bestemmie tirate), eravamo decotti ma soddisfatti. Anche noi abbiamo le palle.


https://www.facebook.com/fabrizio.brizi/media_set?set=a.10203409708357046&type=1

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Motore / Acqua nella vaschetta del carburatore
« il: 25 Marzo 2014, 08:52:39 »
Vi capita mai che la moto si spenga facendo guadi profondi e che non riparta se non si svuota la vaschetta dall'acqua che è entrata nel carburatore? Non parlo di acqua entrata dal filtro, parlo di quella che entra dagli sfiati del carburatore, come quello che fa uscire la benza se il livello è troppo alto. So di qualcuno che lo porta in alto, ma in questo caso non funziona più per far uscire la benzina di troppo. Sabato scorso abbiamo affogato tre moto diverse (TRide 290, Freeride 250 e KTM 200), ripartite dopo aver svuotato la vaschetta. Qualcuno sa se esistono valvole di non ritorno da applicare ai tubicini?

14
Scorpa / rinforzo parafango posteriore TRide
« il: 11 Marzo 2014, 08:40:28 »
Dove si mette 'sto coso?

RINFORZO ORIGINALE SCORPA


Sarò sicuramente scemo ma, senza istruzioni, per me non è intuitivo...

15
Io la butto lì, non resisto mai alla tentazione di fare gruppo. Lo so che ormai è banale come andare a Riccione a ferragosto, ci vanno tutti, d'altra parte se non ci fossi mai stato andrei a dare un'occhiata anche a Riccione... Or dunque: io ho già acquistato i biglietti aerei per me e mia moglie, circa 670 euro per uno. Partenza l'8 agosto per New Delhi da Roma (arrivo il 9) e ritorno il 23. Intendo noleggiare due Royal Enfield 350, le meno costose, in versione classic, con avviamento elettrico e freno a disco. Trovo più adeguata allo spirito del viaggio, very slowly and looking around, la 350 rispetto alla 500. Inizialmente pensavo di andare dritto a nord, per infilarmi subito nella zona montuosa protetta dai monsoni, poi ho stabilito di fare prima una deviazione verso il confine pakistano ad Amritsar per vedere il tempio d'oro. Da lì verso Manali, Keilong, Sarchu, Leh e, superando il passo Khardung a 5600 m, una puntata alla Nubra Valley. Circa 1400 km di strade toste, sterrate e con altri bei passi che arrivano a 5300 m, tanto per ambientarsi per il Khardun La, il più alto.Come già dicevo in un altro post, ci si deve portare un abbigliamento double face “montagna – mare” perché lì nevica anche ad agosto… Troveremo genti di diverse etnie, costumi, lingue e religioni, nonché scimmie ed elefanti.
Le moto Royal Enfield 350 costano 1000 / 1100 rupie al giorno (11,63 / 12,80 euro) Dopo essere tornati a Leh, si lasciano le moto e si prende uno dei tre o quattro voli giornalieri per Delhi. Il sovrapprezzo per ogni moto non riportata a Delhi è di circa 5000 rupie a moto (58 euro) più l’ulteriore noleggio dei giorni necessari per il rientro delle moto. Da Delhi, se c'è tempo, si può prendere un pullman o qualche altro mezzo per andare a vedere il Taj Mahal ad Agra, a sud di Delhi, prima di tornare in Italia.
Se qualcuno si vuole unire...


Non so se il link funziona, questo sarebbe il tragitto:

https://maps.google.it/maps?saddr=Nuova+Delhi,+Delhi,+India&daddr=Amritsar,+Punjab,+India+to:Manali,+Himachal+Pradesh,+India+to:Keylong,+Himachal+Pradesh,+India+to:Sarchu,+NH+21,+Leh,+Jammu+and+Kashmir,+India+to:Leh+to:Strada+sconosciuta&hl=it&ll=31.372399,76.618652&spn=10.888312,21.643066&sll=34.439195,77.834015&sspn=0.329016,0.676346&geocode=FazwtAEdAFyaBCkttn40W_0MOTHOTSBOSbfCUg%3BFTuy4gEdyHV2BClVc55WqmQZOTF974TuW2Ci7g%3BFRDw6wEdas6ZBCk_0D8WCIcEOTHNdlC-DqgpgQ%3BFXf-8AEdKmqXBCkLl1fiTmUDOTFMeTVxhivsOQ%3BFQgf9gEd5cufBCEo1-cX2l4NLik7DTQUS8cDOTEo1-cX2l4NLg%3BFYogCQIdXbufBCmF7V9EIev9ODEQ94ZQlwm70Q%3BFWILDgId0s6hBA&oq=man&gl=it&mra=ls&t=m&z=6

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