Autore Topic: REGOLAZIONE DELLE SOSPENSIONI - IL PRECARICO  (Letto 2652 volte)

Offline alex

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REGOLAZIONE DELLE SOSPENSIONI - IL PRECARICO
« il: 16 Settembre 2010, 12:14:02 »
La regolazione delle sospensioni è un problema che attanaglia una grande fetta di motociclisti e sul quale si sentono dire le cose più disparate.
Sedicenti esperti dispensano consigli a destra e sinistra per modificare comportamenti della moto (che quasi sempre sono dovuti a errori del pilota) e molti di conseguenza aumentano precarichi, sfilano forcelle (di questi tempi se non sfili la forcella non sei nessuno…) e stringono tutte le regolazioni idrauliche per avere una moto più rigida; capita così che un tombino provochi la caduta delle otturazioni dei denti senza che si sia ottenuto alcun beneficio sulla guida della moto, anzi, molte volte le cose peggiorano.
Padroneggiare bene la regolazione fine delle sospensioni è cosa per professionisti, bisogna avere grande sensibilità e materiali e strumenti adatti; capire invece come le sospensioni funzionino è più semplice e aumenta non poco la consapevolezza di quello che facciamo quando vogliamo mettere le mani sui vari registri. Iniziamo dal precarico della molla.

Gli elementi base di una sospensione sono in genere due: una molla che sostiene il peso e uno smorzatore idraulico che evita di farci dondolare su e giù per metri e metri dopo che abbiamo preso una buca e che smorza -appunto- le oscillazioni.
Diamo per scontato che cosa sia una molla e parliamo del concetto di “molla ideale”. Una molla ideale è una molla che si può allungare all’infinito e che si deforma proporzionalmente alla forza cui è sottoposta; per esempio se la tiriamo con la forza di 1Kg si allunga di 1cm, se la tiriamo con 2Kg si allunga di 2cm e così via. Molte molle reali non si discostano tanto da questo comportamento (eccezion fatta per l’allungamento infinito), pensiamo per esempio alla comune bilancia da cucina: se mettiamo un peso da 100g la lancetta si sposta di un certo angolo, se mettiamo un peso doppio anche l’angolo raddoppia e così via.
Se non si esagera con le deformazioni possiamo dire che una molla reale si comporta in modo pressoché uguale a una molla ideale. Due sono i parametri fondamentali che caratterizzano una molla: la sua lunghezza a riposo e la sua costante elastica “k”, che stabilisce la proporzionalità fra lo sforzo e la deformazione secondo la formula F = k * s (F = forza, s = deformazione).
In altre parole più k è grande e più è dura la molla, ovvero minore sarà la sua deformazione a parità di sforzo. Per fare un esempio rimanendo in ambito domestico, la molla della bilancia pesapersone avrà sicuramente un k maggiore di quella della cucina: la prima con un peso di 10 Kg si muove appena (è abituata a girare come una slot-machine sotto ben altri carichi!), la seconda si schiaccia completamente. La definizione della costante elastica k ci porta subito ad analizzare la regolazione del precarico della molla, presente su gran parte delle moto in circolazione.
Precaricare una molla vuol dire deformarla un poco prima di applicarci il carico. In tutte le sospensioni dei veicoli le molle sono sempre un po’ precaricate anche quando il registro del precarico è a zero oppure è mancante, proprio come nella nostra bilancia da cucina che useremo per un esperimento chiarificatore:
Se guardate il retro della bilancia trovate una vite di regolazione che serve per far coincidere la lancetta con lo zero a bilancia scarica. Indovinate un po’? E’ proprio il registro di regolazione del precarico.
Se infatti giriamo la rotella deformiamo un poco la molla della bilancia prima di applicare il carico.
Prepariamo due bustine di sale da 100g ciascuna e poi mettiamole sulla bilancia una dopo l’altra. Se partiamo da zero leggeremo 100g dopo la prima busta e 200g dopo la seconda. Se partiamo invece da -20g, dopo la prima busta leggeremo 80g; questo NON avviene perché la molla si è indurita e si è deformata di meno sotto il peso di 100g, tanto è vero che la seconda busta ci farà leggere 180g ovvero 100g di sale corrispondono ancora a 100g sulla scala graduata della bilancia; quello che è cambiato è stato solo il punto di partenza.
Cade definitivamente la teoria comune secondo cui aumentando il precarico si indurisce la molla; è una cosa non vera, la durezza della molla è data dalla costante k che non viene variata agendo sul precarico. Quello che cambia sulla moto è solo l’altezza statica: più aumentiamo il precarico e meno la sospensione si schiaccia quando mettiamo giù la moto dal cavalletto e saliamo in sella. Se però prima di variare il precarico una frenata faceva abbassare l’anteriore di 5cm, la stessa identica frenata farà abbassare l’anteriore ancora di 5cm. La prima busta di sale rappresenta il peso nostro e della moto, la seconda busta di sale rappresenta proprio una frenata.

C’è da dire che l’esperimento appena fatto non è rigoroso; quello che abbiamo chiamato “partire da -20g” non esiste nella realtà di una sospensione (supponiamo anteriore per comodità ma per il posteriore il ragionamento è analogo) che, a vederla quando la moto è sul cavalletto, parte sempre dal solito punto ovvero dalla sua massima estensione.

Per fare un esperimento che sia un parallelo preciso di una forcella bisogna prima girare la rotella per far indietreggiare la lancetta di qualche grammo (annotandosi il senso di rotazione della rotella, in genere antiorario), poi posizionare la bilancia in modo che la differenza +/-20 sia annullata (magari usando una stecca da disegno poggiata su un bordo e che schiacciata da alcuni libri fino ad ottenere di nuovo valore ZERO).
Ecco, state ammirando la simulazione di ciò che avviene nella vostra forcella quando la moto è sul cavalletto centrale e la ruota è sollevata da terra. A questo punto, anche girando la rotella in senso antiorario, non si vedrebbe nessun cambiamento, la vaschetta della bilancia vorrebbe salire ma la stecca glielo impedirebbe. La stecca rappresenta il tetto massimo oltre il quale la bilancia non può andare, cioè il fine corsa della forcella in estensione. A questo punto possiamo mettere di nuovo le buste di sale una dopo l’altra, prima senza toccare la rotella (leggeremo poco meno di 100g e poco meno di 200g perché è presente il piccolo precarico schiacciato poi dalla stecca) e poi dopo aver girato la rotella in senso antiorario. La differenza tra la prima e la seconda busta sarà sempre 100g (la stessa frenata provocherà sempre lo stesso affondamento), cambieranno solo le quote assolute.

Tirando le somme in modo semplice e immediato possiamo dire che variare il precarico non cambia il comportamento della sospensione ma solo le sue “quote di lavoro”.
E’ opportuno aumentare il precarico (con registri o con spessori) se si viaggia in due oppure con i bagagli per contrastare il peso superiore ed evitare quindi che le sospensioni si schiaccino troppo.
Il risultato sarà quello di guidare una moto con un assetto uguale a quello cui siamo abituati viaggiando da soli. Se invece ci piace frenare forte e vogliamo che la forcella sia meno cedevole bisognerà cambiare le molle e adeguare di conseguenza anche la parte idraulica (che finora è stata volutamente trascurata) complicando non poco il problema.
Un’altra complicazione di cui non abbiamo parlato ma che nella realtà è molto presente è quella delle molle a passo variabile o "progrssive".
Le molle a passo variabile sono quasi onnipresenti nelle sospensioni posteriori degli scooter ma si trovano anche in molte moto sia all’anteriore che al posteriore. Si tratta di molle che hanno un’elica con passo (distanza fra le spire) non costante. Il risultato è che il valore di k non è più costante: fino a un certo schiacciamento assume un valore, oltre ne assume uno più alto. In questo caso aumentare il precarico fa anche variare il comportamento della sospensione perché la seconda rigidezza (quella maggiore) interviene prima. La variazione comunque è sempre inferiore a quella che si avrebbe cambiando la molla.
Aprilia SL1000 Falco "Zia Frankenstein"
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