Autore Topic: Quello che ci resta  (Letto 4165 volte)

Offline alex

  • Global Moderator
  • Hero Member
  • *****
  • Post: 29864
  • Quartier del Piave (TV)
    • Mostra profilo
Quello che ci resta
« il: 30 Ottobre 2012, 09:23:54 »
Ovunque si vada, quanto che sia il tempo che intercorre dal momento in cui si esce con la moto a quello in cui la si ripone sul cavalletto in garage, quale che sia il motivo per cui l'abbiamo fatto, viene appunto il momento in cui il motore tace, la cinghia del casco si allenta, i guanti scivolano via dalle dita e la testa si resetta automaticamente su una dimensione diversa. Vero o no? Vero che senza rendercene conto, il neurone asfittico ha continuato a lavorare, a farci fare le cose giuste, le mosse adeguate, ma lavorava in un modo differente rispetto ad ora, che coi guanti in mano ascoltiamo lo scricchioliio del terminale ma già elaboriamo una sequenza "to do" e riorganizziamo questo stralcio di giornata residuo in maniera "corretta"?

Credo, a volte spero addirittura, che il rientro sia dotato anche di una fase intermedia, che risiede nello switch tra queste due forme mentali appena dette: la valutazione, la degustazione del sapore, l'accoglimento di quanto il viaggio, di un mese o di poche ore che sia, abbia influito sul nostro modo di pensare, di essere, di comportarci.
Troppo spesso, direi quasi sempre, ciò che si soppesa è la differenza tra quel che si è visto e quel che non si è riusciti a vedere. Quel che si è fatto e quel che non siamo riusciti a fare. Dove siamo stati e dove non siamo riusciti ad andare. Come "siamo stati" e come "non siamo riusciti a stare". Aspettative.
Come se quel viaggio avesse, come scopo, la possibilità di marcare dei circoletti su una mappa, o (per i meno romantici) la marcatura di alcuni waypoint sul GPS. Così fosse, non avremmo ricavato un granchè. E se fosse tutto quel che cercavamo beh, facciamoci delle domande.
Se una attività come quella di andare in moto, che riteniamo basilare in quanto della sfera della gratificazione (e quindi necessaria all'equilibrio) non ci lascia altro, non ci offre il piacere di assaporare quel che ci ha dato, e quel che siamo riusciti a scambiare, c'è qualcosa di erroneo nel nostro modo di impostare la nostra sfera emozionale e relazionale.
Anche un cinico come me, che più che altro dice "prendo la moto, punto" ha, consciamente o meno, un obiettivo? Ossia ,intendo, diverso dall'arrivare da - a?
Scrivo e mi domando se tutto questo non sia esagerato, prosopopaico. Se per caso attribuisco troppa cerebralità (non oso parlare di spiritualità) ad uno spostamento. Eppure non c'è azione che non sia a qualche livello motivata, per cui mi sento autorizzato intimamente a procedere con la speculazione.

Se non cercassimo uno scambio con l'ambiente, con le persone, con noi stessi soprattutto, che senso avrebbe? Lo faremmo ugualmente? Io dico di no.
Fino in piazza o fino a Tashkent che sia, facciamo una programmazione, calibrata sull'impegno, per arrivare e soprattutto per percorrere. Ci chiediamo insomma che ci serve e cosa vogliamo da quello spostamento. La meta vera è il viaggio stesso.
Lo sappiamo tutti, e praticamente tutti lo condividiamo, questo principio. Ernesto Guevara fece di un viaggio, quello con la Poderosa di Gardoso, un confronto tra quel che esso era e quello che incontrava, e questo viaggio lo cambiò al punto da trasformare un laureando in medicina nel Comandante, nel Che.
Idealismo. Solo quello, o la capacità appunto di arricchirsi di consapevolezza vivendo quel che si fa, invece che lasciarlo scorrere attraverso il plexi di una visiera, come fosse lo schermo di un cinema?
Quante volte riportiamo a casa il piacere ricevuto dalla curva del cielo, dai colori della campagna, dall'attrazione del diverso? E' facile, per una mente viva. Ma per una mente non è altrettanto naturale cogliere e immagazzinare l'interazione con queste realtà, fatte di pensiero, cultura, modo di vivere, situazione geopolitica, povertà o ricchezza? E' la distanza da quel che siamo, che offre lo stimolo al mononeurone, oppure quella è solo la dimensione macroscopica di un evento che comunque accade anche andando al supermercato sotto casa? Chiediamocelo. Chiediamoci se anche solo vedersi per qualche semplice ora con le persone ormai usuali ci ha comunque dato spunti per progredire e sviluppare noi stessi. Ogni situazione ha il dono di offrire la possibilità di renderci migliori. Sappiamo coglierle, o le lasciamo morire? Quanti tram perdiamo ogni volta, opportunità date inconsapevolmente da compagni di avventura, e quante ne sappiamo cogliere?
« Ultima modifica: 30 Ottobre 2012, 16:25:04 da alex »
Aprilia SL1000 Falco "Zia Frankenstein"
SWM RS 500 R

Offline kermit

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 8238
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #1 il: 30 Ottobre 2012, 10:21:30 »
 :73:
sei sempre toccante!
(nel senso morale spirituale)
dovresti mandare i tuoi pensieri a qualcuno per farne una rubrica su riviste o aprirti un blog!
e' proprio bello condividere queste emozioni, leggere e ritrovarti nei pensieri che dalla testa fanno eco nel casco, scendendo fino al cuore...
forse il segreto è proprio li'! quando la testa e il cuore sono in simbiosi in un abbraccio stretto... lì sei arrivato all'anima!
quei 21 grammi che tanto stimiamo, cerchiamo di curare, alle volte vendiamo sono il nostro essere più recondito che viene solleticato solo e unicamente da noi stessi quando siamo tutt'uno col mondo!
ed e' bello che questo succeda su una cosa appassionante come la moto!
 smbrv smbrv smbrv
Cerchiamo di lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato!

Triumph scrambler 1200
EM escape

sgnaus

  • Visitatore
Re: Quello che ci resta
« Risposta #2 il: 30 Ottobre 2012, 11:49:51 »
Quello che proponi non è uno scherzo da analizzare, lì in mezzo c’è il computo inconfutabile del successo o del fallimento del nostro modo di esistere, è indubbio quindi che un po’ di reticenza nel pensare a queste cose, ci possa anche stare. I “tram perduti” di cui parli tu, altri non sono che gli scambi morti, gli incontri culturali e fisici mai avvenuti tra le persone prima ancora che con noi stessi. Potremmo dire che con noi stessi misuriamo la paura della conoscenza ovvero il timore di ciò che è sconosciuto e che ci spinge o ci frena ad esplorare il mondo e le persone che incontriamo. Tradotto in termini motociclistici direi che ognuno di noi tende a fare quello che crede di saper fare e di conseguenza, ad incontrare chi sa di poter incontrare. Il viaggio da un punto ad un altro non è altro che il tentativo di approfondire la conoscenza del mondo attorno a noi e appagare il gusto estetico che abbiamo di esso. Quando diciamo “sono stato in un bel posto” esprimiamo una valutazione estetica che da valore al viaggio, se aggiungiamo poi che ci siamo misurati con amici o con sconosciuti che abbiamo incontrato lungo il percorso, significa che aggiungiamo una valutazione su noi stessi e sulle nostre capacità di confronto. Le occasioni perdute o non sfruttate, sono la normale reazione ad una scelta, quella di osare o non osare, perciò è sicuro che noi perdiamo un sacco di tram, ma ovviamente non tutti i tram perduti ci avrebbero migliorato, quindi è naturale che con l’avanzare dell’età e dell’esperienza, le nostre scelte diventino di carattere moderatamente conservativo, a differenza di quelle giovanili che erano da incoscienti. Quindi noi partiamo per un viaggio, poi durante il percorso, prendiamo le decisioni che ci permettono di allargare il nostro orizzonte geografico ed emotivo ma, fino al momento in cui non ce la sentiamo di correre un rischio ritenuto eccessivo e per il quale, non ne valga la pena, allora lì ci fermiamo e inforchiamo direzioni diverse. Se durante questa scelta perdiamo un tram, mi può stare relativamente bene. Credo comunque che il viaggio non sia esclusivamente il frutto di uno spostamento da un punto ad un altro, è qualcosa di più interiore, una cosa a livello di percezione, il viaggio è l’incontro con l’ignoto, inteso anche come semplice novità conoscitiva, che esaudiamo in modo parziale con la continua ricerca di legami con altre persone, di norma anche il più solitario di noi ha un legame ”vivo”, un legame che lo mette in ballo con la sua sfera sociale per ridotta che possa essere, il nostro voler ampliare le dimensioni di questa sfera appartiene alla naturale esigenza di ricerca e scambio d’ informazioni ed emozioni che scaturiscono dalla novità, talvolta anche solo parziale. In questo senso l’intimità di un rapporto conta tanto se non di più di un viaggio e le occasioni perse, danno il computo consuntivo di una vita di successi o al contrario, d’insuccessi. Non misurarsi mai, è come non viaggiare, è come non scegliere mai l’ignoto in modo aprioristico, è comunque un modo sicuro di conservarsi ma nel contempo di cogliere insuccessi garantiti
« Ultima modifica: 30 Ottobre 2012, 11:59:27 da sgnaus »

Offline alex

  • Global Moderator
  • Hero Member
  • *****
  • Post: 29864
  • Quartier del Piave (TV)
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #3 il: 30 Ottobre 2012, 12:35:35 »
Non misurarsi mai, è come non viaggiare, è come non scegliere mai l’ignoto in modo aprioristico, è comunque un modo sicuro di conservarsi ma nel contempo di cogliere insuccessi garantiti

Il grande Sgnaus....  sm440 aggiungerei che è uguale all'andare a caccia di passeri con un obice da 105. Non dà soddisfazione, niente confronto. Come fare una mula con la moto di Bou.
Penso comunque che un tram perduto apporti comunque qualcosa, non nel "non cambiamento" ma proprio nel fatto che si è scelto di rimanere lì, oppure di non essere stati svelti a salirci. Il perchè non lo si è preso è un avanzamento anch'esso, non è vero? Ci cambia comunque, non credi? Le scelte cambiano, non scegliere...è una scelta anch'essa. Si cambia con un passo indietro, appunto.
Cito luoghi quasi comuni: il vero viaggio di scoperta consiste non nell'avere nuove mete, ma nell'avere nuovi occhi.  Dopotutto, l'intensità della nostra vita non si misura con il numero dei nostri respiri, ma in base ai luoghi e ai momenti che, al contrario, ci hanno fatto mancare il fiato. Che quel respiro ce l'hanno mozzato anche solo per un istante. E darei, personalmente, prevalenza ai momenti sui luoghi. Perchè come dico sempre, un viaggio non deve necessariamente essere lontano, l'emozione può essere dietro casa, l'ispirazione o la possibilità di perdere lo sguardo in un colore o una forma, sta solo nella nostra capacità di coglierla, e non accumulando una massa enorme di informazioni per poi poter scegliere a casa quale conservare. Tanto non è come per le foto: non ne potrai scegliere alcuna, era su un tram e l'hai fatto passare. Ma le foto stesse, tolgono all'attimo il significato che in quel momento proviamo. Riescono a trasformarlo, a volte, in celebrativo o magari anche a dare emozioni differenti, ma non traspondono quello che abbiamo appreso. Anzi, fore proprio il voler usare quella trappola di immagini ci distoglie dal cogliere la sensazione, la affinità emotiva col momento. Magari è per quello che far foto mi piace poco.
« Ultima modifica: 30 Ottobre 2012, 12:38:00 da alex »
Aprilia SL1000 Falco "Zia Frankenstein"
SWM RS 500 R

Offline menca

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 3001
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #4 il: 30 Ottobre 2012, 13:04:26 »
Alex@
Cerca di scrivere più stringato, in modo che quando sono in giro possa leggerti anche con il telefonino, oppure scrivi a puntate!! :hehe: :bins:

 sm419 ..............  :PDT_Armataz_01_37:



Offline kermit

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 8238
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #5 il: 30 Ottobre 2012, 13:21:51 »
Non misurarsi mai, è come non viaggiare, è come non scegliere mai l’ignoto in modo aprioristico, è comunque un modo sicuro di conservarsi ma nel contempo di cogliere insuccessi garantiti

Il grande Sgnaus....  sm440 aggiungerei che è uguale all'andare a caccia di passeri con un obice da 105. Non dà soddisfazione, niente confronto. Come fare una mula con la moto di Bou.
Penso comunque che un tram perduto apporti comunque qualcosa, non nel "non cambiamento" ma proprio nel fatto che si è scelto di rimanere lì, oppure di non essere stati svelti a salirci. Il perchè non lo si è preso è un avanzamento anch'esso, non è vero? Ci cambia comunque, non credi? Le scelte cambiano, non scegliere...è una scelta anch'essa. Si cambia con un passo indietro, appunto.
Cito luoghi quasi comuni: il vero viaggio di scoperta consiste non nell'avere nuove mete, ma nell'avere nuovi occhi.  Dopotutto, l'intensità della nostra vita non si misura con il numero dei nostri respiri, ma in base ai luoghi e ai momenti che, al contrario, ci hanno fatto mancare il fiato. Che quel respiro ce l'hanno mozzato anche solo per un istante. E darei, personalmente, prevalenza ai momenti sui luoghi. Perchè come dico sempre, un viaggio non deve necessariamente essere lontano, l'emozione può essere dietro casa, l'ispirazione o la possibilità di perdere lo sguardo in un colore o una forma, sta solo nella nostra capacità di coglierla, e non accumulando una massa enorme di informazioni per poi poter scegliere a casa quale conservare. Tanto non è come per le foto: non ne potrai scegliere alcuna, era su un tram e l'hai fatto passare. Ma le foto stesse, tolgono all'attimo il significato che in quel momento proviamo. Riescono a trasformarlo, a volte, in celebrativo o magari anche a dare emozioni differenti, ma non traspondono quello che abbiamo appreso. Anzi, fore proprio il voler usare quella trappola di immagini ci distoglie dal cogliere la sensazione, la affinità emotiva col momento. Magari è per quello che far foto mi piace poco.
UE UE UE!!!
piano con la fotografia!
no in realtà condivido quello che scrivi, ma quando ti "capita" in mano un'immagine di un dato momento, l'evocazione è forte...
io ho una memoria del tubo, forse per la 220 presa da piccolo, non so.. però ho spesso ricordi un po' confusionali, mentre ci sono foto che riportano subito a quell'istante!
un altro lato cosi evocativo è il profumo!
io, ad esempio, ho il profumo del venerdi sera!
quando passando sulla strada di casa sento la fragranza del pane che la ditta sforna in quantità raddoppiata per il sabato... è il vero inizio del fine settimana!
so che posso lasciare alle spalle tutto e cercare nuovi viaggi e conoscenze anche all'interno dei muri di casa...
Cerchiamo di lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato!

Triumph scrambler 1200
EM escape

sgnaus

  • Visitatore
Re: Quello che ci resta
« Risposta #6 il: 30 Ottobre 2012, 14:34:46 »
...Perchè come dico sempre, un viaggio non deve necessariamente essere lontano, l'emozione può essere dietro casa, l'ispirazione o la possibilità di perdere lo sguardo in un colore o una forma, sta solo nella nostra capacità di coglierla, e non accumulando una massa enorme di informazioni per poi poter scegliere a casa quale conservare.
Certo Alex, infatti parlavo di scelte soggette all’età e all’esperienza e anche soggette alle diverse esigenze e attitudini, non scordiamocelo. La realtà è che il viaggio, senza voler allargare troppo il discorso è la vita in sintesi, il concetto di relativismo emozionale a cui leghiamo le esperienze si perde con il trascorrere del tempo man mano ci si allontana dalle esperienze fatte, visitiamo un luogo perfetto tanto che ci vogliamo tornare, ma magari non ci torniamo una terza o una quarta volta, perché l’emozione è legata ad un insieme di circostanze dettate anche dalla sensibilità del momento e da condizioni molto spesso irripetibili fatte talvolta dalle persone presenti con noi. E confermo quanto detto sopra, cioè che il viaggio non è emozionante in modo proporzionale alla distanza, la distanza è solo una dimensione geografica che comporta al massimo un piacere legato alla guida, o ad altri luoghi e paesaggi che trasmettono sensazioni positive, il nocciolo della questione è là, dove si vuole arrivare e se alla fine di tutto, arrivi ad un cuore, ad una donna, ad un affetto profondo, ti sembra di aver scoperto un luogo incantato indipendentemente dalla distanza percorsa. È per questo che molto spesso le persone col passare del tempo si perdono d’animo, perché negli anni non hanno saputo costruire complicità emotiva condivisa e quindi, anche i luoghi più belli come gli amori più sinceri, diventano banalmente ripetitivi 

kappa

  • Visitatore
Re: Quello che ci resta
« Risposta #7 il: 30 Ottobre 2012, 16:21:27 »
Bravo Alex.

Devo ammettere che non ci ho capito.... quasi nulla, ma comunque è bella.  :siga:

Offline alex

  • Global Moderator
  • Hero Member
  • *****
  • Post: 29864
  • Quartier del Piave (TV)
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #8 il: 30 Ottobre 2012, 16:30:11 »
ma comunque è bella.  :siga:

Per fede, per cojonà, o per spirito kamikaze?  :hee20hee20hee:
Aprilia SL1000 Falco "Zia Frankenstein"
SWM RS 500 R

kappa

  • Visitatore
Re: Quello che ci resta
« Risposta #9 il: 30 Ottobre 2012, 17:07:02 »
Per fede.

Offline alex

  • Global Moderator
  • Hero Member
  • *****
  • Post: 29864
  • Quartier del Piave (TV)
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #10 il: 30 Ottobre 2012, 17:21:43 »
Vedrò di meritare.  sm440
E voi chiamatemi Santità...  sm442 :mm:
Aprilia SL1000 Falco "Zia Frankenstein"
SWM RS 500 R

Offline Valchisun

  • Moderatori
  • Hero Member
  • *
  • Post: 30771
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #11 il: 30 Ottobre 2012, 20:57:43 »
Voglio anch'io le pastiglie che prende Alex..... sm409 :PDT_Armataz_01_37: sm416
Parto dall'asserzione di Alex che dice che sarebbe troppo facile andare per sentieri con la moto di Toni Bou, in realta' si sposterebbe soltanto l'asticella della difficolta' un po' piu' in alto, ma noi mortali saremmo ugualmente destinati a tribolare, non cambierebbe assolutamente niente!
Ma il gusto e' proprio quello di andare a tribolare su qualsiasi mezzo a due ruote su cui siamo seduti, o in piedi....
Io credo che ogni tipo di utilizzo della moto sia puro divertimento e piacere,basta anche la sua presenza fisica,  a cominciare soltanto dall'occhiata fugace che si da' alla mattina nel garage prima di andare al lavoro, basta intravedere la curva del parafango dietro o del silenziatore nella penombra per fare iniziare meglio la giornata, invidio chi in moto ci puo' andare due o tre volte la settimana, ma capisco anche chi si diverte soltanto a collezionarle, la moto in ogni caso apre la mente, dopo una giornata di moto, trovo che si respira perfino meglio, si vedono le cose in modo diverso, la definizione piu' giusta e' che si ha la testa "vuota", sgombra dai pensieri di tutti i giorni, per me il fatto che la moto permetta "anche" di viaggiare rimane secondario, la moto serve a fare le curve....

Ktm Super Duke 1290 R

Offline alex

  • Global Moderator
  • Hero Member
  • *****
  • Post: 29864
  • Quartier del Piave (TV)
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #12 il: 30 Ottobre 2012, 23:39:00 »
la moto è bella anche per quello, si presta a soddisfare ogni nostro modo di concepirla. E ci dà comunque soddisfazione.
Comunque se vuoi andare in moto durante la settimana facciamo a cambio, io vengo a lavorare lì e tu vieni qui a beccarti la CIGS  :bins:
Aprilia SL1000 Falco "Zia Frankenstein"
SWM RS 500 R

Offline Lamberto

  • Administrator
  • Hero Member
  • *****
  • Post: 7895
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #13 il: 13 Novembre 2012, 18:05:12 »
Tra le mille cose che ho da fare purtroppo tanti post non riesco a leggerli e mi spiace, soprattutto poi quando uno come questo dove uno straordinario Alex riesce con poche righe a sintetizzare tanti pensieri e sensazioni che proviamo.
Per carattere ho sempre amato l'osservazione e la fotografia ed anche quando avevo 20 anni non sono mai stato uno spericolato però devo dire che gli "occhi" che ho oggi non li cambierei con niente al mondo, è come se oggi tutto andasse più lentamente e riesco a scorgere anche il più piccolo particolare che una volta non vedevo...andavo troppo veloce.
La moto oggi come non mai è nella mente, è un pensiero, come ho detto diverse volte già sapere che è in garage a disposizione gratifica, magari ti fa sognare quei cinque minuti dopo una discussione o un momento di sconforto.
Poi è chiaro che non siamo contenti quando non abbiamo neanche un'ora di tempo per usarla e oltretutto il tempo non si può comperare!
Quello che penso è che oggi riesco ad assaporare maggiormente ogni momento, dalla telefonata all'amico per concordare il giorno dell'uscita, alla sveglia del mattino sapendo che oggi so che finalmente esco in moto, per non parlare del vestirsi e poi andare....
Parlare dei tram persi...è un lungo discorso, ogni giorno c'è la sensazione di averne perso qualcuno oppure di esserci salito sopra magari senza tanta convinzione, la vita è una serie di tram che passano e se comincio a pensare a quelli persi passo il tempo a compiangermi, e poi, come diceva Sgnaus chi dice che quello è il tram giusto? Pensare positivo non vuol dire ottimismo cieco, si può cercare di vedere almeno la bottiglia mezza piena.
Nella vita ho cercato di prendere più tram possibile e spesso mi sono accorto che ne bastava prenderne neanche la metà perché pochi erano quelli buoni, che meritavano.
Poi essere soddisfatti al 100% di quello che abbiamo e stiamo facendo la vedo dura e per uno che cerca la perfezione a volte è frustrante, però c'è un però, da qualche tempo ho iniziato ad essere meno rigido e comprendere che l'imperfezione è di questo mondo ed ha anche una sua bellezza. Una volta questo concetto non l'avrei accettato sarebbe stata una sconfitta, oggi invece quello che penso è che saggezza ti fa veder "meglio" come è il mondo.


BMW R 310 GS
GASGAS TXT 300

Offline alex

  • Global Moderator
  • Hero Member
  • *****
  • Post: 29864
  • Quartier del Piave (TV)
    • Mostra profilo
Re: Quello che ci resta
« Risposta #14 il: 14 Novembre 2012, 00:10:36 »
Grande! E' proprio questo far passare le cose meno di corsa, la slo-motion che rappresenta il gustare. E secondo me non lì abbiamo ora in quanto "vecchi", ma perchè di chilometri ne abbiamo macinati una cifra bestiale. Anche in senso metaforico. O forse è perchè ognuno ha avuto un "viaggio" in gioventù, di quelli senza casco, coi jeans e gli anfibi, che ci hanno permesso un tale contatto nella triangolazione Io-moto-territorio che riusciamo, ora da "grandi" a sapere bene che viaggio stiamo per affrontare, consapevoli magari che suppliamo alle carenze fisiche con maggior tecnologia e comfort. Ma non è questa, in fondo, una ennesima conferma che "la moto" è una summa filosofica estensibile a tutta la nostra esistenza ed al modo di approcciarla? Bello.
Aprilia SL1000 Falco "Zia Frankenstein"
SWM RS 500 R