Si. La Ducati si è sempre distinta per la originalità dei suoi motori, a prescindere dalla distribuzione desmodromica: prima il monocilindrico monoalbero comandato con alberello verticale e coppie coniche e poi bicilindrico ad L, prima con lo stesso comando della distribuzione e successivamente con le cinghie dentate.
Alla fine degli anni '70 però la direzione spingeva per la realizzazione di un motore bicilindrico parallelo per conformarsi alle proposte delle altre case e per rispondere ad una ricerca di mercato, di cui non si conoscono le basi scientifiche, da cui emergeva la preferenza per una struttura "simmetrica" della moto, caratteristica che il bicilindrico ad L longitudinale non poteva offrire.
Taglioni, che aveva realizzato il bicilindrico a coppie coniche ed aveva già allo studio il motore Pantah, si rifiutò di avviare il progetto che fu perciò affidato all'ing. Tumidei, con la consulenza della Ricardo Engineering.
Il progetto prende spunto da un prototipo di 500 bicilindrica presentato nel 1965 e mai entrato in produzione. Viene impostato nelle due cilindrate canoniche per l'epoca: 350 (71,8 x 43,2) e 500 (78 x 52). La cilindrata minore era una scelta dettata dalla legislazione vigente: in Italia i minori di 21 anni non potevano guidare moto oltre i 350 cc ed inoltre le moto di cilindrata superiore erano soggette ad un'imposta del 38%.
La distribuzione era monoalbero a molle comandata da catena centrale, albero motore con manovelle a 180°; l'inclinazione delle valvole era di 60°come quelle del 750 SS Imola '73. Nel 1976 la moto debutta con la serie GTL caratterizzata da un'estetica simile a quella disegnata da Giugiaro per la 860 GT.
Questa impostazione estetica poco tradizionale ed una serie di notevoli difetti di questa prima serie, tanto da far affibbiare alla moto il nomignolo di Demonio o Frantoio, frenò la diffusione di questa moto, perciò un anno dopo, nel 1977, la Ducati lanciò sul mercato la versione Sport Desmo dotata appunto di testate desmodromiche e riviste stilisticamente da Leopoldo Tartarini, titolare della Italjet e già citato nella nota riguardante il giro del mondo con la Ducati 175, che tra l'altro sostituì le ruote a raggi con cerchi in lega della FPS.

Nel 1978 poi arriveranno le versioni GTV che sostituiscono le mai apprezzate GTL. Ma nonostante questi interventi la moto non entrerà mai nel cuore dei ducatisti; poi arriverà il Pantah e sarà la fine del bicilindrico parallelo. Verrà fatto il tentativo di sostenere l’immagine della moto con la produzione di una 500 SS dotata di semicarena e radiatore dell’olio, ma inutilmente. Stranamente nel 1983, quando ormai il Pantah aveva totalmente soppiantato il bicilindrico parallelo, viene prodotta una piccola serie di 500 SD per il mercato australiano caratterizzate da cerchi in lega OSCAM, sospensioni, strumentazione e blocchetti elettrici più moderni; saranno praticamente invendute.
Ma la storia del bicilindrico parallelo in Ducati non si esaurisce con la serie GTL, GTV, SD. Abbiamo infatti accennato all’inizio ad un prototipo da cui è derivata questo sfortunato modello. In effetti più volte in precedenza la Ducati aveva tentato la via del bicilindrico parallelo:
- nel 1965, alla Mostra di Daytona che si tenne a Marzo di quell’anno, viene presentata una 500 apparentemente derivata dalla Apollo; il motore è un aste e bilancieri con manovelle a 360°; al x corsa 72 x 58,8; ancora una volta troviamo un serbatoio derivato da quello del diana 250. Di questo prototipo verrà allestita anche una versione militare;
- nel 1967 invece viene realizzato il prototipo di una 700 bicilindrica in due versioni: una aste e bilancieri che erogava 70 CV a 6500 giri, deputata a sostituire il Guzzi Falcone in dotazione alla Polizia, ed una versione sportiva bialbero comandato a catena, che erogava 80 CV a 7500 giri;
- infine nel 1968 si vede in giro il prototipo di una 500 (74 x 57,8 come il monocilindrico 250) ad aste e bilancieri montato sul telaio e carrozzeria di un Mark 3.
Ma il bicilindrico parallelo in Ducati ha avuto qualche applicazione anche nelle competizioni; tre sono le realizzazioni caratterizzate da questo schema:
- nel 1957 viene approntata una 175 per la Formula 2; è un bialbero a molle a cascata di ingranaggi, cilindri verticali; erogava 22 CV a 11000 giri. Debuttò, ritirandosi, al Giro Motociclistico d’Italia;
- per la categoria 125 GP viene sviluppato nel 1958 un bicilindrico Trialbero Desmo a cascata di ingranaggi; i cilindri erano leggermente inclinati in avanti; la potenza era di 22,5 CV a 13.800 giri con possibilità di arrivare fino a 17000; arrivò terza al GP delle Nazioni a Monza dietro altre due Ducati mono; poi nel 1959 la Ducati si ritirò ufficialmente dalle competizioni;
- infine nel 1960 Stan Hailwood commissiona alla Ducati la realizzazione di una 250 GP per il figlio Mike; nasce una 250 bicilindrica desmodromica ad ingranaggi che eroga 37 CV a 11600 giri. Da questa moto viene derivata una 350 per il pilota Ken Kavanagh. Le moto, senza assistenza ufficiale, non avranno alcun successo e saranno acquistate da Surtees che le doterà di ciclistica Reynolds e le affiderà, tra gli altri, a Phil Read.
Ritornando alla storia delle GTL/GTV/SD, per chi fosse interessato all’acquisto di una di queste moto, voglio qui elencare i difetti cronici, in verità eliminati quasi del tutto nelle ultime serie, derivanti dalla scarsa qualità dei materiali, dovuta alla crisi economica di quel periodo, e da un assemblaggio poco accurato che spesso inducevano alla sostituzione integrale del motore:
- perdite di olio tra testa e cilindro;
- fragilità del tendicatena della distribuzione;
- schiavetta mento del pignone;
- ruttori di accensione difettosi e di difficile accesso;
- scarsa longevità del motore.