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Topics - kermit

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Filosofia motoalpinistica / Da motociclismo
« il: 01 Giugno 2021, 14:16:53 »
Me lo ero perso, e allora lo metto qui:


Motoalpinismo: con quale mezzo?
Due o quattro tempi? 250 o 350? Dipende se cerchi mulattiere "da capre" o ti diverti anche su percorsi meno tecnici, se ti interessa solo la performance o hai anche un'anima touring... e "eco"
Il fuoristrada in modo mi crea confusione da quando sono piccolo. Negli anni 70 tenevamo la roulotte a Clusone e a Bratto, nel cuore delle Valli Bergamasche ed era normale passeggiare nei boschi col terrore delle moto: c’era gente che andava sparata, facendo un fracasso bestiale, insultandoci perché non ci levavamo di mezzo. Per cui, mi feci l’idea che l’enduro fosse una roba da Cattivi e trovavo giusto che vietassero i sentieri. Poi, più su, in alta quota, arrivavano i motoalpinisti e questi erano completamente diversi: andavano piano, non facevano rumore e salutavano festosi. Ai rifugi, i gestori non li cacciavano via. I motoalpinisti erano i Buoni. Ma poi ho capito che non era una questione di moto, ma di persone che le guidavano: anche con le enduro era possibile girare senza terrorizzare la gente... se non eri un pirla. Ed è lì che ho cominciato a non capirci più nulla. Perché vietare le sterrate di servizio delle piste da sci? Non mi direte che le moto procurano più danni ambientali di quelli apportati dalle funivie e relativi tagli boschivi, eh! Perché un trattore può fare rumore e scavare solchi enormi nelle strade fangose e una moto viene vista come il diavolo, se passa per la stessa strada? Perché la gente si indigna se vede le moto sulle sterrate e poi non dice nulla se le stesse vengono asfaltate, anzi, si precipita a farla con l’auto tutta contenta? Perché in nome del Giro d’Italia si asfaltano le sterrate e nessuno dice nulla?

DIVENTO FUORISTRADISTA ANCHE IO
In seguito, a 17 anni, mi comprai la moto da strada ma mi apparve subito chiaro che le sterrate erano molto più intriganti delle asfaltate. Anzi, direi che fu a 15 anni che decisi che la mia moto per eccellenza sarebbe stata un’enduro da viaggio, come la Honda XL500S. Mi attiravano i viaggi lunghissimi, quelli dove per giorni si viaggia solo in sterrato, si passano catene montuose altissime e si incontra un villaggio ogni tanto. Pamir, Ladakh, Karakoram Highway, Atlante Marocchino, per non parlare delle strade andine della Bolivia e del Cile... È facile capire che, se sogni viaggi di questo tipo e vivi in Olanda, non hai molte possibilità di esercitarti. Invece, se sei italiano, non sei nato all’inferno. Ci sono le Alpi, con le loro sterrate militari, sparpagliate ovunque, al pari delle strade di servizio delle piste da sci. Alcune sono aperte al traffico, altre sono vietate. Ci si va con qualsiasi tipo di enduro che vada dalla racing da 105 kg alla 1.200 da 150 CV.

E poi ci sono i sentieri dei motoalpinisti. Che non vengono neanche vietati, perché non si pensa che la gente possa farsi venire in mente di andare in moto su robe larghe 30 cm, ripide, col burrone di fianco e i gradini. Ma i motoalpinisti ci vanno lo stesso. Vanno in settimana, in autunno o primavera, quando in giro c’è poca gente. Se incontrano qualcuno a piedi, si fermano, salutano, levano il casco, provano a chiacchierare come farebbero se stessero salendo a piedi. Nella maggior parte dei casi, non vengono mandati al diavolo. Spesso, chi va a piedi è anche un motociclista ed è incuriosito.

TRIALISTI CON LE ENDURO
Il motoalpinismo mi ha sempre affascinato, ma non ho mai avuto il coraggio di infilare uno di questi sentieri da capre finché, nel 2010, il collega-amico Nicolò Codognola non mi ha parlato di un ultrasessantenne che gira da decenni le Alpi con una KTM 200 da enduro agonistico. Mi ha parlato di passi alpini che credevo impossibili da fare in moto. Lui ha una piccola cricca di amici con cui fa dei giri per me pazzeschi, sentieri a 2.000 m con panorami da vertigine. Una parte di me diceva “Dio mio, prima di morire vorrei fare un giro simile” e l’altra diceva “Se vai con questo tizio, morire è la parola giusta”. Il tipo l’ho soprannominato Alpigigi ed è di Bergamo. Lui gira con Cucuma, un milanese che ha montato un faretto ricavato da una caffettiera montata sul manubrio della sua KTM 200 e con La Belva, un suo nipote che un tempo correva agli Assoluti d’Italia e oggi fa sentierini da trial con una Husaberg 570. Di questi tre, mi ha sempre stupito il fatto che usassero enduro racing e non trial o motoalp. Loro rispondono che il livello tecnico dei sentieri che fanno non richiede l’uso delle trial. Alpigigi guida in un modo che mi affascina da morire: in piedi sulle pedane, avanza piano piano, sottocoppia, con il suo KTM che borbotta ai bassi regimi, ma non si ferma mai. Affronta gli scalini con un colpetto di gas e la sicurezza di chi non soffre di vertigini ed ha la tecnica giusta.

NON SONO ADATTO
Alla fine non ho resistito. Ho accettato l’invito di Alpigigi. Sono andato con il mio Suzuki DR-Z400, che per fare quelle cose è enorme. In particolare, ha la prima troppo lunga (io uso i rapporti lunghi, dato che con quella moto faccio anche l’autostrada) e frena poco davanti, per qualche problema suo, cosa deleteria visto che m’è toccato fare discese lunghe e ripidissime. Ma non è solo la moto ad essere un problema. Io non sono capace di guidare in piedi, non ho tecnica trialistica, soffro di dolori alle ginocchia e di una tendinite cronica alla mano destra. E, soprattutto, soffro di vertigini. Non c’entro nulla col mondo di Alpigigi, a girare con lui muoio di paura, mi pianto su ogni gradino (vanno affrontati con decisione, ma se ti pianti rischi di scartare verso il burrone e ti saluto Carmelina), mi sfascio fisicamente per via di questi problemi alle ginocchia e alla mano. Eppure, s’è creato un sistema perverso, per cui ogni autunno Alpigigi si fa vivo, propone il suo giro al massacro e io dico di sì. In quattro anni gli ho già detto di sì sei volte, perché ci sono scappati pure due giri in primavera. Io muoio di paura ma dico di sì, lui sa che sono una palla al piede ma ci tiene che io venga. Siamo due idioti! “Io ho capito una cosa – dice – tu piangi sempre e dici che hai paura, poi torni a casa e sei tutto contento. A te piace, fare queste cose”. “Sì – rispondo io – mi piace da morire, ma non sono all’altezza: vertigini, malanni fisici e tecnica di guida pietosa mi tagliano fuori. Sono come un bambino di quinta elementare che vuole fare l’università!”. Nel frattempo, anche Marco Marini, che dirige la rivista Motociclismo FUORIstrada, è entrato nel tunnel dell'Alpigiging: ma lui guida bene e non soffre di vertigini, per cui si diverte e basta, non frigna, Lui.

QUAL È LA MOTO GIUSTA?
Alpigigi è un talebano pazzesco: secondo lui, la moto serve solo per andare sui sentieri da capre. Tutti quelli che la usano per andare al lavoro, per fare i passi su asfalto, per andarci a Capo Nord o in Mongolia, per girare in pista col ginocchio a terra, per fare le sterrate militari, per andarci in vacanza in Grecia sono dei pirla. La Suzuki DR-Z è un inutile cancro che affligge la società e non capisce perché io non la venda per prendermi una moto più piccola e leggera. La risposta è ovvia: perché con la DR faccio un tipo di giri che a lui farebbero vomitare, ma che a me esaltano. Però, se avessi i soldi, una moto da Alpigiging me la prenderei. Marini lo ha fatto: s’è comprato una Scorpa da trial motorizzata Yamaha YZ250F e l’ha dotata di una sella-serbatoio. Codognola ha preso una Fantic 305 da trial con sella e serbatoio maggiorati. Ma quelle moto si possono guidare solo in piedi ed io non sono capace, sia per ignoranza mia, sia per i problemi alle ginocchia.

Potete quindi capire come sia interessato a tutto quel genere di moto che fanno la spola tra motoalpinismo ed enduro, ovvero: Beta Alp 200, Gas Gas Pampera 250, Scorpa T-Ride 250 4T, Scorpa T-Ride 290 2T, HM Locusta 200, Ossa 280 Explorer, Sherco X-Ride 290, KTM Freeride 350 4T e 250 2T, Berghem. Tutte piccole, basse, leggere.

Sono tanti gli enduristi che hanno capito che le racing sono adatte solo per correre e che una moto più bassa e trattabile li farebbe andare in posti più difficili facendo meno fatica. Ma è ancora difficile mettere a fuoco queste moto. La Beta Alp l’ho usata solo su sterrati facili, non so come se la caverebbe in un Alpigigi Tour, ma è abbordabile economicamente e inoltre si può usare su asfalto senza farsi schiavizzare dal carrello. Le due tempi mi lasciano perplesso: puzzano! Non ha senso andare in montagna cercando di fare i rispettosi, se poi lasciamo dietro di noi questo odore.

Nel 2012 ho avuto la fortuna di partecipare alla comparativa delle “coccinelle” (come amo chiamare queste moto di transizione): Ossa, Scorpa, Freeride 350, Berghem sia 2T sia 4T. Ed è apparso chiaro che si basano, ciascuna, su una ricetta personale. La Berghem è la più simile a una enduro canonica, solo che è minuscola e sembra davvero poter andare ovunque, mentre la Ossa è un motoalpinismo in tutto e per tutto. Da seduto non la guidi, si alza sempre davanti, se sei un trialista è perfetta.

Dopo quella comparativa, è stata dura tornare a girare con Alpigigi e la mia solita DR-Z.

FREERIDE, LA PIÙ CHIACCHIERATA
Ma le discussioni degli appassionati vertono soprattutto sulla Freeride, perché KTM, nel bene e nel male, è la più brava ad incentrare l’attenzione su di sé. KTM è un brand e fa tendenza. Se KTM ha fatto la Freeride, vuol dire che ha capito che nel mercato c’era spazio per questo tipo di moto. In realtà ci sono cose che capisce solo lei, per esempio abbiamo l’impressione che ci sarebbe più gente interessata a una 690 Adventure piuttosto che a una 690 Base o a una Freeride, ma sapranno quello che fanno. Inoltre la Freeride è costata poco, dato che sfrutta “lavori” già fatti: è bastato mettere il motore della cross dentro la ciclistica dell’elettrica, per realizzare la quale, tra l'altro, ha ricevuto incentivi statali. Certo, la testata bialbero non è perfetta per un motore che deve girare per lo più ai bassi regimi, ma non è una regola rigida: infatti, questa moto ha un motore da cross, ma è dolcissima.

In KTM si lamentano che molti non hanno capito la loro moto. Dicono che togliere le gomme da trial e mettere quelle da enduro è un errore, perché non va usata come una moto da enduro. Però a noi sembra che questa moto accontenti tre diversi tipi di utenze: i motoalpinisti (anche quelli che fanno le mulatrial), i principianti e gli enduristi estremi.

IL SOGNO: UNA FREERIDE A DUE TEMPI
Appena la Freeride è uscita, diversa gente s’è lamentata che aveva il 4T della 350 cross e non il 2T della 300 enduro. Ho sentito dire, da più parti, “Avesse il due tempi la comprerei”. Adesso la cosa è successa per davvero, anche se col 250 e non col 300. E sono in tanti ad avere detto “Aaaah, adesso ci siamo”, tanto che ci sono possessori di 350 4T decisi a rimpiazzarla con la 250 2T.

Così, Marco Marini ha parlato. “Faremo una due giorni di passi alpini con Alpigigi, per capire bene le differenze tra 2T e 4T. Le faremo provare a Canobbio e Barbiero. E tu, Mario, verrai a fare le foto con una Kawasaki KLX450”. M’è venuta la depressione. Due giorni con Alpigigi? Da morire! Ci sarei arrivato già stanco, dato che il giorno prima c'era la sassosissima cavalcata Memorial Ucci sul Lago Maggiore. Io avrei avuto una moto alta, potente e pesante per fare i sentieri da capre dove i due tester fuoriclasse avrebbero avuto delle Freeride. In realtà, la Kawasaki se la cava bene, perché va forte come le altre 450, ma è anche trattabile, sembra una stradale giapponese. Usarla è stato utile, perché Canna e Barbie potevano girare con noi solamente per un giorno e così, il secondo, io e Codognola abbiamo potuto usare entrambe le Freeride, tanto la 2T quanto la 4T. Siamo stati in giro dalle 9 del mattino alle 23, quattordici ore durante le quali abbiamo superato sei passi sopra i 2.000 m, imparando a conoscere a fondo entrambe. Avere usato il giorno prima la Kawasaki, quindi, è stato molto istruttivo, perché mi ha permesso di capire bene cosa cambia nel passare da una enduro canonica a queste strane motine. Il verdetto è stato devastante: che sia 2T o 4T, per me poco cambia. Entrambe, rispetto a una enduro “normale”, sono decisamente meno faticose sia a livello fisico, sia a livello psicologico. Provavo meno paura, a gradinare sull’orlo dei burroni e questa cosa mi faceva respirare senza affanno. Lo giuro, siccome soffro di vertigini, a guidare sull’orlo dei burroni mi viene l’affanno e respiro come se stessi correndo la maratona, cosa che non mi aiuta ad arrivare a sera fresco come una rosa. Tant’è che mi sto ponendo la domanda: ma perché devo considerare normali le 450 racing? Moto altissime da terra, con potenze che sfrutto per un decimo? Non è molto più normale una moto come la Free? Ma poi subentra un’altra domanda: perché le Freeride hanno quella sella così dolorosa? Non è solo stretta e dura, è pure a punta. Se guidi sempre seduto, vai oltre il classico problema di una sella piatta e dura che ti indolenzisce le chiappe. Non so se ci arrivate... Qua vengono dolorosamente interessate altre parti, capite?

250 O 350?
Da questo test ho capito che io non appartengo alla categoria di coloro che snobbavano la 350 4T dicendo “Ah, se avesse il 2T”. Il test ha detto chiaro che se sei un trialista con le palle, come Sergio Canobbio, che di mestiere scala i muri con le trial, la 2T fa per te. Ha quella cattiveria che serve per attaccare i massi alti due metri, come una vera trial. Ma è indicativo il fatto che uno come Angelo Barbiero, che nell’enduro è un manico raccapricciante, preferisca la 4T. Perché è più facile. Dolce, elastica, riprende da qualsiasi regime. Con la 2T, non sempre puoi aprire il gas quanto vuoi. A seconda di quale situazione tu stia affrontando, rischi di invasarla, o di metterti la moto in testa. Ma non è cattiva e ignorante come le 250 da enduro, intendiamoci. Uno come me, che non ha dimestichezza col due tempi, ha trovato facile anche questa moto. All’inizio mi insultavano, perché al di sotto di un certo numero di giri sfrizionavo, come avrei fatto con una enduro 250 2T. “Che cavolo fai? Vuoi cuocere la frizione?”. Allora ho capito che anche con la moto a miscela (che strano, ha l’avviamento elettrico ma non il miscelatore) è possibile aprire poco il gas, non toccare la frizione e salire su pendenze per me inusuali, col motore che spinge senza problemi, elastico e potente quanto basta. Devi solo starci attento, mentre con la 4T fai quello che vuoi, col gas. Insomma, il 250 è un bel due tempi, che oltretutto è musicale divertente da usare, al contrario del quattro, silenzioso e poco gustoso. Ma torniamo al punto di prima: una Freeride rumorosa e puzzolente non ha senso, se la prendi per fare fuoristrada senza irritare il prossimo. La 250 è troppo fracassona! Allora il verdetto finale, solo per questo fatto, aggiunto alla maggiore luce da terra della 2T e alla sua maggiore cattiveria, è questo: fai motoalpinismo, quindi hai anche una certa etica? 350 4T. Fai le estreme tipo Hell’s Gate o Last Man Standing? 250 2T.

Ancora una cosa: in discesa, la 4T ha un freno motore potentissimo, che aiuta non poco i freni. Se soffrite di tendinite come me, questo è un aiuto enorme.

ELETTRICO
In realtà, però, ho scoperto una terza via alternativa alle due Freeride: per la prima volta in vita mia ho usato una moto elettrica. Ho girato con una Quantya. Conoscevo i pregi di questa moto, prettamente etici (non fa rumore, non puzza, non inquina) e i limiti (la batteria non dura quanto un pieno di benzina), ma non sapevo che avesse anche dei pregi pratici. A differenza dei motori endotermici a marce, cioè coloro che ho portato in fuoristrada finora, con l’elettrico è possibile gestire micrometricamente la spinta sulla ruota posteriore fin dai primissimi millimetri di apertura della manopola “del gas”. La ruoti di un infinitesimo di grado e la ruota inizia a girare pianissimo: è un pregio enorme se stai ripartendo da fermo, su una salita ripida e bagnata. Non è una caratteristica insita in tutte le moto elettriche, ma ci puoi arrivare a seconda di come tari la risposta dell’acceleratore. Quindi: è leggera, silenziosa, non inquina, ha entrambi i comandi dei freni al manubrio (in certe discese metto giù il piede destro e non posso usare il freno posteriore), ha una trazione bestiale: la moto ideale per gli Alpigigi Tour è l’elettrica! Basta convincere Codognola, che è una persona molto gentile, ad andare sul sentiero una settimana prima e seminare batterie come Pollicino, ed è fatta...

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Enduro stradali / Honda accetta la sfida
« il: 18 Maggio 2021, 08:31:51 »
E mette in giro le voci per la trans app 850



https://www.moto.it/news/nuova-honda-transalp-850-potrebbe-arrivare-a-eicma-2021.html

Speriamo se la debba giocare anche con Tuareg

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Moto d'epoca / Cagiva T4
« il: 17 Maggio 2021, 23:59:26 »

95
Drive in / Troppe paranoie
« il: 15 Maggio 2021, 22:15:11 »

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Ciclistica / Configurazione ideale
« il: 05 Maggio 2021, 23:36:26 »
Partendo dal presupposto che se uno è manico, anche con T7, africano twin o enduro, fa sassi a gogò... Nel mio piccolo, ho trovato differenze nell'utilizzo, rimanendo nella nicchia delle moto senza sella, tra vari modelli.
La mia vecchia scorpetta, dopo essere passata dalle sapienti mani di Grossi, era un bel trattore
La beta 300 my2017, usata in zona, non mi è piaciuta, quel poco che avevo provato a fare con altre, lì non mi ci sono trovato.
La Vertigo sia la combact 2017, che la vertical 2018, mi erano piaciute per la leggerezza, l'agilità, e la voglia di osare un po'di più
La beta 2012 del buon menca, mi aveva fatto subito un brutto effetto di telaio rigido e poco manovrabile (paragonata alla mia scorpetta)

E da qui:
La Vertigo la prenderei quasi ad occhi chiusi, ma ce ne sono poche e non vorrei investire troppo.

Di tutte le altre quanto è importante riuscire a capire cosa migliorare, come settare... In modo da trovare una moto che dia le stesse sensazioni che ho provato sulla Vertigo?
Regolazione delle sospensioni, regolazione del manubrio, arretramento pedane... Cioè: se prendo una moto degli ultimi 5/6 anni, quale si può avvicinare di più e con quali modifiche a una moto che mi dice le stesse sensazioni?

Considererei poi ad esempio nell'acquisto la possibilità di montare il long ride di scorpa o trs, gas gas sembra sia sempre quella più da zona.
La nuova trs, è quella con le quote montesa, e non ricordo più con cosa è incrociata... Eventuale rivendibilità...

Insomma... Non posso fare altro che leggere e scrivere in questo periodo, per cui cerco di documentarmi...

Una buona moto da alpinismo, anche a seguito di moto freeride o enduro (ho visto su Facebook che organizzano un giro da Milano al mare per enduro specialistiche) ma avendo vicino uno o più campetti, per imparare e sfogarmi un po' in poco tempo, qualcosa di leggero e divertente

Cosa rende unica (almeno per quello che ho percepito) la Vertigo?

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Drive in / Lady tassello
« il: 25 Aprile 2021, 09:53:02 »
La cara Perego, sta lanciandosi in una nuova iniziativa

https://fb.me/e/2qZGtqVRl


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Drive in / Britten VS moto Guzzi
« il: 21 Aprile 2021, 01:48:43 »
https://youtu.be/McnjxoBQ6TQ

https://youtu.be/4MbvMqNAFVY

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John Britten e la V1000: perchè la sua storia è così importante?
John Britten e la V1000: perchè la sua storia è così importante?
10 Luglio 2016 alle 12:00
Redazione   
Di: Redazione
Il neozelandese che ha realizzato una delle moto più incredibili di sempre è stato protagonista di una fiaba moderna che fa sognare
Avrete sentito parlare, almeno una volta nella vostra vita, di John Britten e della sua Britten V1000. Nel giro degli appassionati di moto, si racconta sempre la sua storia e tutto quello che riguarda la vita e le opere di John è elevato a leggenda. John era un ingegnere meccanico e costruttore di moto, una persona che ha fatto della sua passione il suo mestiere e ha lasciato ai posteri una delle moto tecnologicamente più avanzate del mondo, ma perchè la V1000 è così importante per la storia del motociclismo mondiale?



L'uomo

John Kenton Britten è nato Christcurch, in Nuova Zelanda, il 1° di agosto del 1950. A circa 500 km di distanza c'è Invercargill, paese che ha dato i natali a Burt Munro, un altro personaggio leggendario del motociclismo che ha molti punti in comune con il protagonista della nostra storia.
Era dislessico, ma è riuscito comunque a completare un corso di laurea di 4 anni come ingegnere meccanico seguendo corsi serali, per poi essere assunto come apprendista disegnatore, un lavoro che gli ha dato la possibilità di imparare e sperimentare. Britten si è spostato anche in Inghilterra, dove per mesi ha lavorato al design di un nuovo raccordo autostradale che collegasse la M1 alla M4, due delle principali vie di collegamento della nazione.
Tornato in Nuova Zelanda, ha lavorato alla Rowe come designer engineer, concentrandosi su macchinari da lavoro e cominciando a sperimentare da sè. La sua prima creazione fu un lampadario di vetro fatto a mano, poi si è insinuato nel suo cervello il tarlo della motocicletta.
Per tanti anni, John, ha studiato per costruire una moto tutta sua e nel 1991, dopo anni di duro lavoro ed esperimenti nel suo garage (assieme a pochi ma fidati collaboratori), ha presentato al mondo la Britten V1000, una strana e colorata moto da gara che ha subito catturato l'attenzione degli addetti ai lavori e delle riviste internazionali.


La moto

Già dal primo sguardo si intuisce che la V1000 è una moto strana. Il motore, interamente costruito da John e dal suo team, è un bicilindrico a V di 60° con distribuzione 8 valvole DOHC e teste, valvole e bielle in titanio. Tratto distintivo della meccanica, il budello di collettori blu che si sviluppa sul lato destro, e affianca i due gruppi termici. La potenza di questo V60 è di ben 166 CV a 12.500 giri, valori impressionanti per l'epoca, paragonabili a quelli di una 500 GP a 2 tempi.
Se il motore, benchè completamente artigianale, non sembra così rivoluzionario, tutto il resto non si era mai visto. Il telaio non c'è, ma la meccanica svolge funzione portante e a reggere la ciclistica ci pensa la monoscocca, una soluzione che conosciamo perchè impiegata dalla Ducati Panigale, ma sono passati più di 20 anni!
La forcella di tipo Hossack è stata completamente ingegnerizzata da Britten e ha un singolo ammortizzatore dietro il parallelogramma che regge la ruota, collegato con un complesso link. Anche la ruota dietro è sostenuta da un mono, ma è sposizionato davanti al motore, collegato da aste di rinvio al forcellone? Lo scopo? centralizzazione delle masse, e per questo motivo troviamo il radiatore sotto la sella e il serbatoio carburante sul codino.
La prima impressione, guardando la meccanica, è che la moto sia tutta storta, ma la realtà è che si trattava di un mezzo così ben studiato da avere potenzialità superiori a quelle di una SBK ufficiale. Il peso era di appena 138 kg, e il rapporto fra peso e potenza era di 1,2 CV per ogni kg di moto. Impressionante per l'epoca.
La Britten corse, e vinse. Dato che non si trattava di una moto di serie, non potè partecipare a nessun campionato superbike internazionale, ma si distinse soprattutto nel campionato BEARS australiano e nella Battle of The Twins, con vittorie a Daytona e Assen. Con le dovute deroghe, riuscì a correre nel campionato SBK neozelandese annientando la concorrenza con entrambe le moto schierate. Nel 1993, inoltre, fece registrare il giro più veloce a Tourist Trophy e registrò numerosi record di velocità per la categoria 1000cc nel miglio lanciato, nel miglio da fermo, nel chilometro da fermo e nei 400 metri da fermo. Di V1000 ne furono costruite 10, nessuna uguale alle altre e tutte rappresentanti dell'evoluzione del progetto.


Il mito

Come tutte le storie belle, c'è anche una parte triste. John Britten ci ha lasciato a soli 45 anni, nel 1995, a causa di un brutto cancro. La sua prematura scomparsa ha abbandonato il progetto Britten V1000 senza eredi e ogni esemplare è diventato un ambito pezzo da collezione che i proprietari custodiscono gelosamente.
Ritornando alla domanda del titolo: perchè questa storia è così importante per il motociclismo e per gli appassionati? Dopotutto ci sono altri creatori di moto uniche e tecnologicamente avanzate, come Fior, come Lazareth, come NCR... perchè proprio Britten ha quest'aura di leggenda?
Se Disney avesse dovuto scegliere una storia con le moto per uno dei suoi classici d'animazione, avrebbe escluso tutti quegli altri. La vita di John Britten e della V1000 è in realtà una fiaba contemporanea, è l'esempio di passione viscerale che porta ad un livello molto più nobile il fanatismo per le due ruote. Si tratta di ambizione, di amore, di integrità morale, di voglia di realizzare il proprio sogno, di totale disinteresse per il business e delle cose materiali.
La V1000 è un oggetto, ma è nato dalle mani di una delle anime più pure che il motociclismo abbia mai avuto, è così anche quei pezzi di ferro e leghe metalliche hanno acquisito un carisma e una personalità che nel mondo delle due ruote non si è mai più vista.
Un altro motivo, molto importante, è la capacità che hanno le persone di immedesimarsi in John. Chiunque avrebbe voluto vivere quello che lui ha vissuto, molti avrebbero accettato il cancro a 40 anni pur di realizzare il proprio sogno, vederlo nascere fra le proprie mani e ricevere riconoscimenti e onori da tutto il mondo.
La fiaba di Britten è quel tipo di storia di cui il motociclismo ha bisogno, in un'epoca di poco interesse per la passione nella forma più pura, dove le competizioni sono soprattutto business e dove le moto sul mercato sono soluzioni di compromesso per far contenti un po' tutti, in attesa della rinascita di una passione nobile come quella di John.

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Altre marche / customizzare racing
« il: 12 Aprile 2021, 18:14:03 »
Come accennato in altro topic, e nemmeno come novità, l'idea di moto quasi totale è tipo:


https://rocket-garage.blogspot.com/2018/11/enduro-vintage-classic-collection.html
http://

102
Drive in / Chissà...
« il: 08 Aprile 2021, 08:21:12 »
top5_usato_moto_che_cresceranno_di_valore_nei_prossimi_anni_parte_

Spero che anche la mia, salirà di valore!
Perle sempre più rare....

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Scorpa / twenty e kit long ride
« il: 22 Marzo 2021, 11:36:25 »
partendo dal presupposto che il top, almeno quella che sceglierei solo dopo una piccola prova di conferma, sarebbe una vertigo (l'ultima provata era una 2018, ma sui sentieri anche le precedenti mi erano piaciute) dovendo restare per forza di cose dopo il 2018 (per le modifiche al motore piuttosto rilevanti), il mercato non offre molto.
c'è poco e ad un valore piuttosto elevato. ho visto solo una R19 sui 6000€, troppo per ora.
sono stato quindi colpito dalla scorpa, ricordo una buona recensione della twenty, qualcuno sa come e se si è evoluta negli ultimi anni?
di certo se costa meno a parità di annata, sarà ancora più svalutata e difficile da rivendere, ma c'è un accessorio, che per me da solo fa pendere un po' l'ago della bilancia: il kit long ride.
ho chiesto a Spin può essere montato dal 2015 in poi e costa 280€.
è sempre come avere quasi due moto in una...
viste le mie precedenti esperienze col marchio (entrambi motori yamaha 4t) come va lo sherco? avviamento per un utilizzo molto saltuario?









grazie